Avviare “il prima possibile, già dall’autunno” un tavolo che coinvolga le amministrazioni locali, le categorie, il pubblico e il privato per programmare e coordinare le azioni da intraprendere per il turismo di tutto il comprensorio jonico. A dirlo è Pierpaolo Biondi, dal 2017 presidente di ‘Federalberghi Riviera jonica Messina’, l’associazione di rappresentanza territoriale del comparto turistico-ricettivo che coinvolge i 20 comuni che vanno da Letojanni a Itala. Abbiamo fatto una chiacchierata con lui, con riflessioni, analisi, proposte e ricette sullo sviluppo del turismo della riviera taorminese e di quella jonica messinese, dopo il dibattito avviato da questo giornale con la proposta di un tavolo permanente.
Quale è la sua valutazione sull’estate jonica fino a questo momento?
“La stagione era partita con i migliori auspici, grazie anche all’attenzione internazionale. Poi purtroppo abbiamo registrato una serie di difficoltà impreviste e alcune imprevedibili che hanno danneggiato la stagione nel suo momento migliore. Confidiamo nei mesi di settembre e ottobre attraverso il turismo internazionale. Potremo fare una valutazione corretta e un bilancio esatto solo a fine stagione, con i numeri completi sulle presenze, sui tipi di soggiorno e sulla provenienza dei turisti”.
Le bandiere blu stanno rappresentando ad oggi un valore aggiunto per le strutture ricettive dei comuni interessati?
“Sicuramente, sì. Ma non è sufficiente, in quanto i turisti e i vacanzieri si aspettano dalla Sicilia e dalla riviera taorminese questo valore aggiunto, come fosse una condizione naturale e obbligata, dalla quale non si può prescindere. Bisogna puntare a una Riviera Bandiera Blu, senza interruzione, perché è il comprensorio che attira non il singolo comune. Faccio l’esempio della costiera amalfitana o sorrentina, molti meno visitatori visiterebbero solo Amalfi o Sorrento se non ci fosse tutto il comprensorio che crea un valore aggiunto al viaggio”.
Cosa manca, sul piano turistico, alla riviera jonica messinese per affermarsi nel panorama nazionale?
“La risposta non è né immediata né semplice. Manca tanto, tantissimo, ma le caratteristiche naturali, storico-culturali consentirebbero un grande balzo in avanti. Ci vuole la volontà, la competenza e un grande spirito di gruppo mettendo da parte gli individualismi e i provincialismi. La classe politica ha la maturità e l’esperienza, ma da sola non può comprendere ‘l’ingegneria del turismo’, è una scienza precisa e vanno coinvolte figure che hanno conseguito risultati”.
In concreto?
“Manca un piano comune tra i comuni della riviera, il cui contorno deve essere ben definito. Un tavolo ‘aziendale’ con degli obiettivi da raggiungere, non bastano le idee. Inoltre alcuni comuni devono cambiare la loro visione ‘localistica’ e autoreferenziale, il decoro, la cultura, lo stile sono fondamentali se si vuole diventare una destinazione internazionale. Alcuni paesi sono all’età della pietra, se rimangono in questo stato non hanno alcuna speranza, ma questo dipende dagli amministratori che devono accettare le critiche costruttive senza considerarle come un’aggressione personale e politica. Oggi bisogna unire le amministrazioni locali, figure efficienti ed esperte e impresa privata, con il rispetto reciproco delle parti. Vogliamo diventare una destinazione comprensoriale internazionale? Allora guardiamo alla costiera amalfitana e sorrentina, abbiamo da imparare, dopo aver fatto un grande bagno di umiltà”.
Come intercettare e non far scappare i turisti?
“Bisognerebbe avere un ‘Comprensorio-Riviera” integrato e interconnesso, creare un singolo attrattore ‘simbolo’, in inglese un ‘landmark’ per ogni comune, una mappa che incuriosisca il visitatore e lo porti a visitare ogni singolo comune per poi scoprirne tutte le altre peculiarità. In questo modo il turista non viene confuso da troppe informazioni e identifica ogni comune con un attrattore. Ad esempio a Savoca il Bar Vitelli, a Forza d’Agrò la saga del Padrino, a Mongiuffi Melia gli arancini, a Sant’Alessio la vista del capo e così via per ogni comune”.
La riviera jonica il brand Taormina si possono conciliare?
“Si possono o aiutare a vicenda e l’una è essenziale all’altra. Se si ha una riviera sviluppata allora il soggiorno medio nel taorminese sarà più lungo”.
Cosa pensa dell’idea di un tavolo tra i sindaci e le categorie?
“Ritengo sia necessario una sorta di tavolo, vedo con favore la creazione di una struttura organizzativa snella che coordini le azioni da intraprendere nel turismo, con un percorso e obiettivi prefissati da raggiungere. Dovrebbe avere come capofila il Comune di Taormina, se fatta in maniera ufficiale. I soggetti dovrebbero essere i comuni, le organizzazioni datoriali e altre strutture di promozione presenti sul territorio. Una struttura creata solo dagli amministratori pubblici non andrebbe da nessuna parte, in quanto sarebbe autoreferenziale e disconnessa dalle esigenze del territorio. E’ il privato che crea l’economia e crea posti di lavoro, bisogna comprendere che il privato che opera in maniera sana è una risorsa”.
Non c’è anche un problema legato alla carenza di alberghi? Si concentrano soprattutto tra Letojanni e Sant’Alessio, ma da Santa Teresa in poi – per oltre dieci chilometri – si contano con il contagocce.
“È vero dovrebbero essere di più le strutture, ma prima va creata la domanda e una politica comune sull’offerta e quindi sui prezzi di vendita. Ad oggi le strutture per la domanda presente risultano sufficienti. Più che alla creazione di ulteriori alberghi dunque punterei prima alla riqualificazione degli stessi, dobbiamo offrire qualità. Se vogliamo disegnare un futuro diverso e aumentare i posti di lavoro, sempre in un’ottica comprensoriale, si dovrebbe studiare lo sviluppo e l’espansione della ricettività, che sottolineo deve essere sostenibile”.
C’è anche un tema legato alla speculazione sui prezzi delle strutture ricettive (case vacanze, b&b), in particolare sugli affitti brevi, che potrebbe scoraggiare i turisti?
“E’ un problema che oggi si sta avviando verso delle soluzioni. Fino a poco tempo fa tra le attività extra-alberghiere regnava l’abusivismo ricettivo o turismo illegale, oggi le nuove norme, come il Cir (codice identificativo regionale) e altro, stanno obbligatoriamente portando a una regolamentazione del mercato. Per quanto riguarda i prezzi che in alcuni casi non sono corrispondenti al servizio offerto, certamente possono generare uno scoraggiamento. Ma se si offre qualità la stessa viene compresa e pagata. In altri casi non possiamo parlare di vera e propria speculazione dei prezzi, ma forse di una corsa per recuperare le perdite subite e il timore di non essere in grado di affrontare gli alti costi (elettricità etc). Va anche detto che casi di speculazione come sempre si possono verificare e si sono verificati, ma li ritengo sporadici rispetto alla offerta ricettiva presente sul nostro territorio”.