La prossima primavera si voterà a Roccalumera per il rinnovo del consiglio comunale e per l’elezione del nuovo sindaco. Sull’argomento pubblichiamo una riflessione dell’avv. Gianni Miasi, che è stato primo cittadino per due legislature. “Come alcuni di voi avranno notato, in quasi dieci anni dalla fine dei due mandati da sindaco, non ho mai interloquito sulle dinamiche paesane sembrandomi doveroso che per un ex sindaco e per la dignità della carica ricoperta non si addica entrare nelle, inevitabili, polemiche che si sviluppano intorno alla politica amministrativa paesana. Così intendo fare anche per il futuro bastandomi l’amore che nutro nei confronti di un paese meraviglioso come Roccalumera e dei suoi abitanti sempre affettuosi e memori. Nei miei progetti è lontana l’idea, per il futuro, di ricoprire ruoli attivi in campo amministrativo sicchè mi azzardo a svolgere alcune riflessioni di ordine generale che, in realtà, possono essere applicate alla maggior parte dei comuni della zona jonica. In generale chi vince le elezioni ritiene essere proprio diritto bastonare i perdenti con piccoli dispetti, piccole prepotenze. Chi perde, in cinque anni di opposizione, si alimenta di disappunto per i torti che la propria parte subisce e medita che se vincerà userà lo stesso trattamento ai vinti. Il risultato è che, ad ogni elezione amministrativa, la metà del paese viene messa in “frigorifero” in quanto perdente con la conseguenza che energie preziose anche dal lato dei perdenti non vengono utilizzate con grave danno per il paese i cui amministratori ritengono “nemico” chi ha perso. Ho cercato, pensandoci su, di portare avanti un ragionamento di civiltà reciproca. Pur nella differenza di ruoli e di visioni riterrei “rivoluzionario” nella sua normalità che, ad esempio il candidato sindaco di una lista inserisse nel proprio programma elettorale che, se vincerà le elezioni, riserverà ad un componente della minoranza un osservatorio in giunta con funzione consultiva e propositiva. Immaginatevi cosa succederebbe se, Tizio, vincendo le elezioni invitasse, a scelta della minoranza, uno dei suoi componenti a partecipare alle riunioni di giunta. Crollerebbe d’incanto un muro di diffidenza e di sospetto reciproci che bene non fa, soprattutto al paese. Parimenti, un candidato sindaco come lo vedo mio, insisterebbe tantissimo sulla democrazia partecipata proponendo che, all’inizio di ogni anno, venissero estratti a sorte trenta cittadini che andrebbero a costituire un organismo di supporto al consiglio comunale esprimendo pareri su degli argomenti selezionati dallo stesso consiglio. In cinque anni ben 150 cittadini si interesserebbero attivamente della cosa pubblica proponendo, ideando, esprimendo delle opinioni che sarebbero utili alla comunità intera. Ho cercato timidamente, dopo anni di mia volontaria assenza dalla politica cittadina, di esporre tali idee all’una ed all’altra parte nella convinzione assoluta che costruire ponti sia mille volte più efficace che innalzare barriere di incomprensione e di sospetti reciproci. Per come mi aspettavo non ho trovato ascolto, anzi, a dirla tutta, sono stato visto, questa si che è una soddisfazione, come “inaffidabile e sognatore” da entrambi i lati. Pazienza, mi sono dato pace dicendomi che, se anche Papa Francesco che parla di ponti e non di barriere, viene ignorato, non posso di certo pretendere di non esserlo io. Chissà se i giovani non ancora intossicati dalle ripicche e dai piccoli risentimenti, anzi portatori di freschezza e genuinità , si mettano, loro si, a costruire ponti. Cose buone a tutti. (Gianni MIASI)