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“Pietre”, alla Fondazione Mazzullo l’omaggio dello scultore Nino Abbate a Giuseppe Mazzullo

Si terrà alla Fondazione Mazzullo di Taormina nei spazi espositivi del Palazzo Duchi di Santo Stefano dal 4 al 16 agosto 2016, la personale di scultura dell’artista Barcellonese Nino Abbate, dal titolo “Pietre” che ha voluto rendere omaggio a “Giuseppe Mazzullo”.

Per l’occasione Nino Abbate, vincitore di due edizione del premio di scultura “G. Mazzullo”, presenta 16 sculture tutte realizzate in pietra arenaria, tra queste l’opera “L’Emarginato” vincitrice del “Premio Mazzullo” nel 1992, tenuto a Santa Marina Salina, 10 opere tra disegni e dipinti delle opere esposte realizzate con tecniche diverse, dai colori acrilici, matite, china, pastelli etc. La mostra organizzata dalla Fondazione Mazzullo, sarà presentata dal vicesindaco Mario D’Agostino e dalla dott.ssa Katia Trifirò, che hanno scritto anche i testi in catalogo. L’inaugurazione si terrà giovedì 4 agosto alle ore 18,30, si può visitare, fino al 16 agosto dalle ore 9/13 – 17/21, fino al 16 agosto.

“Per la complessità e la qualità delle sue sculture è considerato una figura unica nel panorama artistico del Novecento. Sue opere sono custodite in prestigiose collezioni pubbliche e private di tutto il mondo”, spiega Alfio Auteri presidente della Fondazione Mazzullo. Giuseppe Mazzullo, nato a Graniti nel 1913, completò a Taormina la sua vita artistica con l’ultima fase delle sue sculture, in pietra lavica e granito, alcune di dimensioni monumentali. Alcune sono custodite nel Parco Artistico appositamente creato nel giardino del Palazzo Duchi di Santo Stefano. Mori a Taormina nel 1988. Nel 1981, un riuscito progetto tra il Maestro e il Sindaco Nicola Garipoli, ha dato vita alla Fondazione Mazzullo che da allora rende viva l’offerta culturale. “Da tanti anni – prosegue Auteri -, al Palazzo Duchi di Santo Stefano non si ospitavano mostre di scultura. Credo che la paura del confronto con il grande maestro della pietra sia una delle cause principali di questo atteggiamento che, personalmente, trovo inspiegabile. Il 2016 diventa perciò un anno speciale, segnato dalla volontà di riportare, all’interno di quello che fu il laboratorio di Giuseppe Mazzullo, la nobile arte che lo consacrò “figura unica del Novecento”. Ben quattro mostre di scultura animeranno le sale e il cortile del Palazzo. Abbiamo l’onore e il piacere di iniziare questa nuova avventura culturale con Nino Abbate vincitore per due edizioni (1990 e nel 1992), del Premio Nazionale di scultura “Giuseppe Mazzullo” con le opere in pietra La raccoglitrice d’arance, e con l’opera in pietra L’emarginato. Un amico di vecchia data che torna a trovare il Maestro Mazzullo nella sua casa con la sua mostra Pietre, della quale rende omaggio. Un incontro veramente interessante che bisogna gustare con la massima attenzione, consapevole di estrarre l’anima dalla pietra non è cosa da tutti e che solo i grandi artisti possono farci godere”.

“Ringrazio la Fondazione “Mazzullo” e il suo presidente Auteri – spiega Abbate – per l’invito ad esporre le mie sculture in pietra nel prestigioso Palazzo Duchi di Santo Stefano di Taormina, luogo tanto caro al Maestro Giuseppe Mazzullo, a cui dedico la mia personale di scultura dal titolo Pietre, in omaggio alla sua opera, per il suo grande valore artistico e per aver dato inizio alla mia vocazione verso la scultura, dopo aver vinto due edizioni del premio nazionale di scultura a lui intitolato, il primo nel 1990 all’ex Monte di Pietà di Messina, il secondo nel 1992 nella Chiesa a mare di Santa Marina Salina, nelle Isole Eolie, dove ebbi l’occasione di incontrare la moglie del Maestro, Maria Concetta Caudio, che, entusiasta delle mie sculture in pietra, pronunziò, in quella occasione, la frase, per me indelebile, le sue sculture ricordano mio marito, (frase) che mi accompagna a tutt’oggi nella mia vita dedicata all’arte”.

“Pietre”, Il titolo – spiega l’assessore alla Cultura, Mario D’Agostino – esprime la forza e l’energia della materia plasmata da Giuseppe Mazzullo, a cui la mostra rende omaggio. Un elemento che imprigiona l’essenza della terra e la sprigiona grazie all’estro creativo dell’artista. Giuseppe Mazzullo, “figura unica del Novecento”, ha trovato a Taormina la sua ispirazione lasciando in eredità “pezzi” della sua arte. E a Taormina, nel Palazzo dei Duchi di Santo Stefano, nella sua fucina, si consuma l’incontro spirituale con Nino Abbate. Il mondo artistico di Nino Abbate sembra la perfetta combinazione tra valori classici e modernità. La geometricità, l’immobilismo, la compostezza delle forme incontrano l’irrequietezza, marchio distintivo dell’uomo contemporaneo. Il rigore lascia spazio a un’interiorità che diventa “materia vivente”. La pietra perde la sua consistenza, da materia dura, solida, resistente diventa emozione molle, dinamica, ricca di tensioni. Nino Abbate utilizza la materia primordiale per scavarne simboli di una reale condizione umana. Le sue sculture hanno una forte valenza simbolica che ci spinge a legare l’opera al nostro tempo: tratti, oggetti, espressioni diventano segnali di quel senso di smarrimento, di offuscamento dell’identità tipici del nostro vivere. L’esperienza visiva si trasforma di volta in volta in uno scambio tra materia ed essenza, tra struttura e anima attraverso un dialogo tra passato e presente”.

“Inquietudine, coraggio, ricerca. Potrebbe definirsi entro il campo di energia sprigionato da questi tre elementi cardine – spiega Katia Trifirò – il percorso artistico estremamente eclettico di Nino Abbate, destinato a configurarsi in un opus al tempo stesso concreto e visionario, che nella cifra del Pánta rêi, del divenire incessante, della contaminazione e della metamorfosi continua dei linguaggi espressivi trova la formula privilegiata della propria scaturigine e della propria essenza. Pittore, scultore, performer, infaticabile animatore e operatore culturale – il suo Museo “Epicentro” di Gala, sulle nobili colline di Barcellona Pozzo di Gotto, è l’esito più sorprendente di una intera vita consacrata all’arte – Abbate si impone definitivamente all’attenzione critica vincendo per ben due volte, nel 1990 e nel 1992, il Premio internazionale Giuseppe Mazzullo, rispettivamente con le opere in pietra arenaria La Raccoglitrice d’arance (1987) e L’emarginato (1985): un riconoscimento che contribuisce a certificarne l’originalità dell’impostazione, fondata, come ribadiscono le motivazioni del Premio, sull’impasto di primitivismo e drammaticità, vitalità e carica primordiale.

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