Al G7 di Taormina si discuterà anche l’emergenza della febbre del Nilo. Lo ha reso noto il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Un altro tema si aggiunge, quindi, all’elenco delle questioni che saranno in discussione al vertice dei sette grandi del 26 e 27 maggio del prossimo anno in Sicilia. “Questo è un tema enorme che intendo affrontare nel prossimo G7 che organizzeremo in Italia. Cioè il rapporto tra i cambiamenti climatici e la salute – ha spiegato Lorenzin -. E’ un tema che ancora non è stato esplorato appieno”. Anche di questo si discuterà a Taormina, dove il Ministro Lorenzin è stata nei giorni scorsi in visita all’ospedale San Vincenzo.
“Immaginiamo Zika, ad esempio, la paura di quello che può essere l’importazione di una zanzara che è compatibile con un contesto in cui i cambiamenti climatici sono avvenuti – ha proseguito il ministro -. Questo richiede una grande attenzione epidemiologica. La salute animale è importante quanto la salute umana perché attraverso gli animali si sviluppano le epidemie. C’è bisogno di un sistema di allerta sempre più stressato, nel senso che venga sottoposto alla prova e dobbiamo vigilare sui servizi veterinari”. Ovviamente secondo il ministro “è importante anche l’individuazione precoce del caso, l’isolamento. In Emilia appena diventata ministro abbiamo avuto un importante caso di aviaria e due casi di West Nile. Siamo riusciti a bloccare il diffondersi dell’epidemia. Queste sono le sfide con cui oggi abbiamo a che fare. Bisogna predisporre dei sistemi organizzativi di controllo e monitoraggio degli animali non solo negli allevamenti ma anche nella fauna che ci permettano di intercettare in modo precoce l’insorgere di queste epidemie”.
La Lorenzin ha fatto riferimento, nello specifico, all’episodio di Bologna, dove si è registrato il primo caso nel 2016 di un paziente italiano che ha contratto la malattia neuro-invasiva causata dal virus del Nilo Occidentale (West Nile, o febbre del Nilo occidentale). L’uomo, per fortuna, a quanto pare non è in condizioni gravi ma è un caso che, inevitabilmente, ha suscitato la paura collettiva che la minaccia Zika si estenda anche al nostro Paese.
L’unico caso di Febbre del Nilo in Italia, dei tre europei del 2016, è quello segnalato a Bologna secondo quanto reso noto il bollettino del Centro europeo per il controllo delle malattie ed ecco perché l’intenzione, anzi la necessità assoluta, è quella di monitorare la situazione con la massima attenzione. Senza allarmismi ma con un monitoraggio capillare della vicenda. Gli altri due casi erano stati segnalati in Romania. Ad essere stato colpito, invece, in Italia da questa grave patologia è un uomo di 66 anni, residente nella bassa bolognese, ora ricoverato all’ospedale di Budrio. Non sarebbe, come detto, in pericolo di vita.
La febbre del Nilo è provocata dal virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, appunto nel distretto West Nile (da cui prende il nome). Il virus è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America. I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare (più frequentemente del tipo Culex), le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette. Il virus infetta anche altri mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri.
Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste, per lo più, nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare. Non esistendo nessun trattamento antivirale specifico, la terapia si basa essenzialmente sul riposo, i fluidi e l’uso di antipiretici ove necessario.
I meccanismi con cui si esplicano le complicanze cliniche dell’infezione da Zika sembrano essere da imputare ad una duplicazione/amplificazione dei centrosomi delle cellule nervose. Ciò provoca nei topi una ritardata mitosi, aumento dell’apoptosi, neurali con disorientamento delle cellule staminali, prematura differenziazione neuronale, e riduzione del numero delle cellule progenitrici, tutti meccanismi che ben spiegano i casi di microcefalia.
In termini di prevenzione, in primo luogo occorre evitare, ove possibile, viaggi nelle aree epidemiche, ciò per le donne in gravidanza o rischio di gravidanza durante in soggiorno all’estero. Metodi aggressivi di prevenzione nei confronti dei vettori (zanzare), tra questi i repellenti a base di Deet, picaridin e Ir3535; questi sono ritenuti sicuri anche in gravidanza. Vengono suggeriti, inoltre, dalla comunità scientifica esami sierologici per le donne ritornate da soggiorni in aeree endemiche per la febbre di Zika. Secondo la normativa europea sulla sicurezza della salute, gli Stati membri devono avviare misure di controllo per assicurare la sicurezza in caso di casi di febbre del Nilo occidentale. Una sfida importante da estendere in ambito globale, in un contesto come il G7, perché d’altronde il rischio da combattere riguarda l’intero pianeta. L’obiettivo da concretizzare, quindi, in una discussione come quella che avverrà al G7 di Taormina è la raccolta ed analisi di informazioni accurate sulle zone colpite, con la previsione ed attuazione di protocolli sempre più rigidi e incisivi per contrastare la febbre del Nilo ed il relativo manifestarsi sulle popolazioni.