Correva l’anno 1999 e la milanese “Giorgia” all’epoca aveva solo 17 anni: una notte di quell’anno la sua vita cambiò per sempre. In discoteca, spinta dai suoi amici, non quelli fraterni ci tiene a precisare, ma dai cosiddetti amici del divertimento, dai “compagni di merende”, dai tiratardi, assunse una pasticca di ecstasy, anzi mezza, perché non si sa mai visto che si trattava della sua prima esperienza in tal senso; l’impatto di ciò col suo corpo fu devastante tanto da rendersi necessario nel più breve tempo possibile un trapianto di fegato. Il fegato le fu “donato” da Alessandra, una ragazza toscana, morta in un incidente d’auto e l’operazione, difficilissima viste le diverse dimensioni del fegato e lo stato in cui versava la ragazza, durò 17 ore. Giorgia superò quei momenti, visse, ma la sua vita da allora non è più stata la stessa. Costretta a continui esami, ricoveri, controlli di ogni tipo e farmaci da assumere la ragazza ha dovuto abbandonare la danza, la sua grande passione, ma questo è pur niente tenuto conto che è riuscita a sopravvivere a un intervento il cui quoziente di difficoltà era tale che a livello statistico, fin ora, soltanto in tre in Europa sono rimasti in vita dopo un’operazione di siffatta portata. Fra l’altro il suo fisico ne risulta minato, è soggetto a ricadute, ha ricevuto due estreme unzioni perché i medici disperavano di poterla salvare, reca sul ventre e sulla pancia evidenti cicatrici e la depressione ci vuol poco a impadronirsi di lei. Da allora, dapprima il padre Mario Benusiglio e poi, appena ristabilitasi anche Giorgia, hanno impiegato il loro tempo a condurre una personale battaglia di informazione contro i pericoli di ogni tipo di droga: hanno girato scuole, palestre, teatri, discoteche portando la loro testimonianza, l’una di giovane ragazza la cui vita è improvvisamente virata contro corrente, e l’altra quella del genitore trasformatosi in baluardo familiare, in guerriero capace di dare forza interiore a tutti gli altri componenti la famiglia per cercare di andare avanti e non mollare. Del caso si interessò la RAI, ne parlò Bruno Vespa a “Porta a Porta”, anche Maurizio Costanzo nel suo celebre show, le emittenti regionali lombarde e grazie alle testimonianze di Giorgia e papà Mario moltissimi giovani che erano tentati dall’idea di provare queste droghe sintetiche recedettero dall’idea. Ambrogio Crespi ne ha realizzato un film-documentario, di un realismo sincero e mai spettacolare coinvolgendo alcune persone vicine a Giorgia (la sua più cara amica, Beppe che poi diventerà il suo fidanzato, la mamma, i medici che l’hanno operata) nel portare le loro testimonianze. Papà Mario, prima di morire per un tumore nel 2015, ha lasciato un grande testamento spirituale, quello di confidare sui poteri del cervello, della mente, di non abbattersi, essere forti, lottare sempre e se il cervello sarà forte anche il resto del fisico alla lunga ne beneficerà. Film dall’alto contenuto didattico, consigliatissimo per la visione negli Istituti Scolastici Superiori, un lavoro, quello di Crespi che dovrebbe capillarmente essere divulgato tra i giovani per infonder loro maggiore rispetto di sé stessi, indurli a volersi bene e ad allontanarli da fatue e nocive forme di pseudo-divertimento.
Taormina FilmFest: applausi e commozione per il film-documentario “Giorgia Vive” di Ambrogio Crespi
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