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“Furci Siculo terra d’incanto”

Dare una definizione dell’ultima fatica letteraria di Franco Maccarrone,”Furci Siculo, terra d’incanto” (2015 Mogliano Veneto, Arcari Editore pag.179) non è semplice. Non è un romanzo ma talvolta nell’intreccio degli avvenimenti e nel pathos delle vicende , sembra esserlo; non è un saggio storico ma per la minuziosità cronachistica, per l’attenzione alle fonti e per il rispetto della veridicità degli eventi  lo diventa. In più lo scrittore non è mai un narratore astratto ma è profondamente  compartecipe: il forte legame con la sua patria sicula, Furci, lo porta a trascorrere attraverso i secoli, cercando una chiave di lettura che possa spiegare come la comunità paesana da un glorioso passato si sia avviluppata in un così grigio presente.

Il libro quindi ha come destinatario privilegiato, i giovani affinché dal passato sappiano trarre moniti per il presente, non prendano la via di una fuga dignitosa ma amara e ricordino i loro avi rotti a ogni fatica, dignitosi e onesti. Se l’emigrazione ha svuotato le loro terre in periodi difficili, oggi essi sappiano trovare una panacea nello studio e nell’impegno e nei momenti di scoramento guardino alle loro colline, ai loro torrenti e al loro mare che innumerevoli genti hanno raggiunto, per far proprie le risorse naturali, la civiltà e la cultura del popolo siciliano. Nel grande calderone della storia, galleggia un angolo della Sicilia compresa tra Taormina e capo Peloro, con alle spalle il favoloso Monte Scuderi dalle vene aurifere, al centro  una sorta di caravanserraglio, Palma –Tamaricium- Phoinix(oggi Furci Siculo)delimitato da due impetuose fiumare: il torrente Savoca e il Pagliara.

Il luogo,  fondato dai Fenici , ebbe un ruolo rilevante in epoca romana, quando divenne teatro di scontro tra due grandi schieramenti fratricidi: l’esercito di Ottaviano e le truppe di Sesto Pompeo. In epoca araba la riviera ionica insieme con Rometta rappresentarono l’unico baluardo cristiano in Sicilia.  Successivamente, nella donazione, fatta dal re normanno Ruggero II all’abate Gerosimo, delle terre ricadenti intorno all’abazia dei SS Pietro e Paolo di Savoca, risultano annesse anche le Marine,cioè i fondaci marinari collocati nelle vie di transito delle carovane. Nel corso dei secoli , divenuti i mari più sicuri dagli assalti pirateschi, le marine cominciano a essere coltivate e divengono rinomate per la produzione di vino ,di olio e di verdure. Notevole sarà la produzione dei bozzoli di seta ,filati poi nelle filande sorte in loco o a Messina.

Nel ‘700 inizia il “gran tour” degli uomini di cultura venuti ad ammirare le bellezze paesaggistiche e monumentali dell’isola. Le novità sono, però,  introdotte dalla dinastia borbonica (CarloIII e FerdinandoI) che vogliono fare della Sicilia uno stato moderno,affrancandolo da una nobiltà ancora feudale e da una classe clericale retriva . Nel 1850 vengono frantumati e venduti i possedimenti dell’Archimandrita  e i nobili  li acquistano , incrementando la crescita della proprietà fondiaria; nel 1853 la Marina di Savoca ottiene l’autonomia e nasce il comune di Santa Teresa con sede a Furci, quartiere molto popoloso e vitale, ricco di attività agricole e commerciale. Nel 1867 , la creazione della statale Messina-Catania e  la stazione ferroviaria di Torrevarata ,spostano l’asse economico e politico verso l’attuale Santa Teresa, creando una rivalità tra due centri, forse ancora non sopita.

Tuttavia questi sono anni di prosperità per i centri rivieraschi, dove l’agrumicoltura e l’attività di trasformazione fanno la ricchezza di commercianti e proprietari terrieri. La prima guerra mondiale non risparmia i giovani siciliani che, arruolati , versano il loro sangue in terre lontane , in nome di una patria sconosciuta. Il 20 Luglio del 1919, il re d’Italia, Vittorio Emanuele III firma l’atto di nascita del Comune di Furci. Gli “Sciabacoti”, ormai autonomi, si trovano davanti la devastazione e la miseria del dopoguerra. Varie ondate migratorie ritornano a depauperare quelle terre. Il Fascismo rinnova i venti di guerra e fa molti proseliti. La guerra sbarca nella costa ionica con tutta la sua violenza, il giorno di ferragosto del ’43. I Tedeschi fanno  saltare il ponte della ferrovia e il ponte stradale  e gli Anglo-Americani sono dentro il paese. Gli abitanti sono semplici e pacifici ,non amano la violenza ma il loro spirito è fiero ,sono i discendenti di coloro che hanno respinto gli invasori saraceni.

A guerra finita restano le macerie, ma si avanza la voglia di ricostruire. Il dopoguerra è foriero di grandi speranza: dar luogo a una nuova stagione di libertà e benessere. La realizzazione di molte opere pubbliche tende a far uscire il paese dall’arretratezza. Negli anni successivi  un sogno si concretizza nella mente dei paesani: trasformare un paese marinaro in centro turistico. Furci ha storia, cultura, bellezze naturali e monumentali, perché non osare?  Oggi il paese è pronto al grande salto, i giovani vorrebbero non dover andar via,  i meno giovani non vorrebbero più rinunciare e attendere. Deve finire l’epoca del pressappochismo, della resa e dell’accontentarsi. Il libro di Maccarrone raffigura l’epopea di un popolo fiero, forte e generosoV e invita a trovare quel punto di forza su cui si può far leva per raggiungere alti e meritati traguardi. 

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