In questo tempo di straziante e logorante attesa per il rientro nelle proprie comunità delle giovani salme di Federico ed Enzo, strappati prematuramente e violentemente ai propri familiari ed agli amici, un groviglio di sentimenti contrastanti attraversa gli animi di quanti sono stati colpiti dalla loro morte tragica.
Saranno le parole e le foto che si trovano nella rete, saranno gli atteggiamenti ed ogni espressione di sorpresa, di rabbia e di delusione diffusi tra la gente, al bar, in piazza, lungo le strade, in parrocchia; saranno le spiegazioni possibili e le incertezze sull’accaduto, ma tutto contribuisce a creare un clima di solidarietà e di partecipazione sincera al dolore dei parenti più vicini.
Il fatto ha sconvolto profondamente le famiglie a cui sono venuti a mancare i loro cari nel fiore degli anni, punti di riferimento in un modo o nell’altro per la forza e la freschezza dell’età, per la giovialità, per la consistenza dei loro progetti, per la capacità di affrontare ogni attimo della loro esistenza con fiducia, impegno e gioia di vivere. Sono state persone presenti e conosciute nel tessuto sociale che li ha visti crescere, seguire gli studi, stare in compagnia e svolgere un lavoro, inserendosi costruttivamente all’interno del loro paese e della riviera jonica.
Con tanto rammarico e grande mestizia la sorte tragica di questi due giovani ha suscitato emozioni che sconvolgono angosciosamente l’animo, interrogano la coscienza sensibile e provocano reazioni multiformi. Appare subito chiaro quanto faccia male il dolore improvviso ed ineluttabile, che lacera il cuore e mette scompiglio nelle consuetudini della vita di tutti i giorni.
Appare stravolta una famiglia, l’amicizia, la quotidianità e si stenta a farsi una ragione di tutto quello che continua a stare nel mondo, a girare attorno a noi e a prendere una nuova forma nella realtà del tempo che scorre veloce e spesso non dà modo di assaporare la bellezza del creato, delle piccole cose, delle parole semplici, delle azioni generose e delle relazioni che contano.
Da una parte la saggezza di Qoèlet “tutto è vanità” fa sembrare soltanto mera illusione la strada che porta alla scoperta della sapienza e della felicità e ( Sal 62,10) sono anche gli uomini in quanto “più lievi di un soffio” mentre si affannano alla ricerca dei beni terreni. Dall’altra non si riesce a dare una risposta al mistero della vita e della morte, del male e del dolore, del limite e della miseria umana se non si guarda oltre l’orizzonte, se non si cerca al di là di questo mondo.
A noi uomini non è dato conoscere fino in fondo certi segreti e di fronte al mistero della sofferenza, del dolore, dell’ingiustizia è meglio tacere, lasciare ogni giudizio e mettersi nelle mani di Dio, che ha un piano di salvezza per ogni uomo, creato per l’incorruttibilità. L’unica certezza è proprio la contemplazione del Mistero e la nostra fede nella Misericordia di Dio Padre, che ci ama sin dall’inizio, gratuitamente e ci può sottoporre pure alla prova ed alla tentazione ma nell’ordine di un fine buono, secondo il criterio della purificazione per donarci la vita eterna e la speranza di essere eredi del Regno dei Cieli in Gesù Cristo, morto e risorto per i nostri peccati, liberando da ogni male e sconfiggendo la morte per sempre.