La via della bellezza ci salverà dal nichilismo dei nostri tempi? Ne è convinto monsignor Fisichella e lo scrive nel suo “La Nuova Evangelizzazione. Una sfida per uscire dall’indifferenza”, Mondadori (2011). E’ un fatto che il Cristianesimo ha fondato l’Europa, tuttavia per monsignor Fisichella, questo non significa che i cristiani devono pretendere diritti di primogenitura per le diverse conquiste compiute nel corso di questi secoli che segnano la storia del nostro Occidente. Ma subito ribadisce che il cristianesimo è utile al progresso della società, naturalmente rispettando la laicità dello Stato, di cui tutti siamo gelosi, che poi non è altro che l’applicazione evangelica del “Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.
Dunque, la laicità non deve escludere il cristianesimo, non si può accettare un’Europa indipendente dal cristianesimo o addirittura contro di esso. Del resto si domanda polemicamente Fisichella, senza il cristianesimo, e ormai sono diversi anni che i Paesi europei vivono come se Dio non esistesse, “La società è migliorata? I giovani hanno trovato maggiore impegno e responsabilità nella società? Il lavoro è diventato una forma di realizzazione? La famiglia si è rafforzata nell’impianto sociale? La scuola è palestra di vita? L’ammalato è una persona da rispettare e non un peso per il bilancio? La vita nel suo insieme è salvaguardata? E la sua dignità è garantita a tutti?”. Certamente no. Abbiamo bisogno di riscoprire le nostre radici, la nostra appartenenza, la nostra identità, altrimenti, “saremo destinati a veder prevalere i singoli egoismi di turno e la reazione sarà quella di rinchiudersi in nuovi confini, magari non territoriali, ma certamente frustranti e fallimentari”. Pertanto per Fisichella, “solo una forte identità condivisa potrà debellare forme di fondamentalismo e di estremismo che ripetutamente si affacciano nei nostri territori”. Una cosa è certa, “se l’Occidente si vergogna di ciò che è stato, delle radici che lo sostengono e dell’identità cristiana che ancora lo plasma, allora non avrà futuro”. Fisichella inoltre, invita, la politica a fare un salto di qualità per ritrovare un sistema valoriale, a mettere al centro dell’impegno politico e culturale, la famiglia e la vita umana, se non lo si vuole fare per convinzione, lo faccia almeno per calcolo economico. Purtroppo è un invito poco ascoltato dai vari politicanti sia nazionali che europei. Del resto la china dell’invecchiamento dell’Occidente ormai è un dato inquietante, altro che allarmi per il riscaldamento globale.
Nel testo, monsignor Fisichella aggiunge un tema che potrebbe aiutarci a scoprire le nostre radici e soprattutto a valorizzarle. E’ la “via pulchritudinis”, (la via della bellezza), non dobbiamo sorprenderci se al tema della nuova evangelizzazione, la Chiesa trova posto per la riflessione sulla bellezza. E’ nella stessa missione di annunciare il Vangelo, del resto gli antichi filosofi insegnano che è degno di essere amato solo ciò che è bello. “Le nostre città – scrive Fisichella – esibiscono la ricchezza del genio architettonico che nel corso dei secoli ha realizzato opere uniche”. E’ una forte responsabilità custodire e trasmettere questo immenso patrimonio artistico e culturale alle generazioni future. Purtroppo però, nello stesso tempo, tutti vediamo come il senso della bellezza è venuto meno,” in molti casi si è voluto imporre un modello di bellezza in netta discontinuità con la tradizione”, senza la vera bellezza, il nostro mondo corre il rischio di cadere preda della disperazione. “Dove viene meno la bellezza, là viene a mancare l’amore e con esso il senso della vita e la capacità di generare”. Attenzione però per noi la bellezza non si esaurisce nella corporeità, così si scivola nell’effimero e si perde il senso della verità e della bontà. Purtroppo per monsignor Fisichella talvolta neanche la religione custodisce e ama la bellezza. Invece i credenti dovrebbero essere annunciatori della bellezza, e farne strumento del loro annuncio al mondo di oggi.
Peraltro il cristianesimo da sempre nel corso dei secoli ha sempre privilegiato “esprimere e rappresentare visivamente la verità della fede e la bontà della nostra testimonianza”. Infatti, “in qualsiasi cultura è stato annunciato il Vangelo di Gesù Cristo, là si è data voce alla bellezza per rendere evidente il messaggio delle Sacre Scritture e mostrare il riflesso del mistero celebrato nella liturgia”.
Il cristianesimo a differenza di altre religioni, ha rappresentato sempre la bellezza di Dio, poiché suo Figlio ha assunto la natura umana. “(…)l’iconoclastia non è un’opzione cristiana”, scriveva qualche anno fa, papa Ratzinger.
Per questo il cristianesimo ha sempre dialogato con l’arte, “non potrebbe permettersi di interrompere una relazione tanto feconda perché si priverebbe di una via privilegiata per presentare il contenuto fondante della fede”. Fede e arte sono due endiadi invidiabili, del resto, se si tolgono i capolavori d’arte sacra dai musei, o le opere di letteratura cristiana dalle biblioteche, avremmo un vuoto enorme. Insomma, scrive Fisichella, “le nostre cattedrali, le chiese e una gran parte della produzione artistica di quasi due millenni sono la sintesi e la testimonianza più efficaci della fecondità del rapporto tra fede e bellezza nel compito di trasmettere la parola di Dio”.
Parlando di bellezza dell’arte, un posto riservato viene assegnato alla cattedrale, essa spesso è l’espressione culminante dell’arte cristiana. “In una cattedrale niente viene dimenticato: dalle fondamenta al deambulatorio, dalla facciata all’abside, dalle vetrate alle campane…tutto viene raccolto nell’unità del progetto teologico per indicare il luogo dove la grazia si rende visibile nella vita sacramentale e la stessa grazia illumina e sostiene l’insegnamento del successore degli apostoli”. La cattedrale stessa come costruzione, “è oggetto del suo insegnamento, perché fin dalle sue pietre dichiara la funzione che è chiamata a svolgere: essa è la cattedra da dove il Pastore raccoglie il suo gregge per celebrare la santa eucarestia,(…)” .
Monsignor Fisichella è convinto che all’interno della Nuova Evangelizzazione ci dev’essere la capacità “di dare voce alle nostre opere d’arte perché sono nate con lo scopo di far conoscere la bella notizia portata da Gesù Cristo. Abbiamo tesori d’arte che costituiscono un autentico catechismo per i nostri tempi. Penso – continua Fisichella – a quanta forza evangelizzatrice si potrà permettere se riusciamo a dare una chiara spiegazione aderente alla fede delle nostre cattedrali, delle nostre chiese e santuari”.
E’ indicativo che il professore Fisichella conclude il suo testo facendo riferimento alla più grande sintesi architettonica delle Sacre Scritture, la ”Sagrada Familia” di Antoni Gaudì il più grande monumento, peraltro ancora in costruzione, della fede cristiana che i credenti abbiano potuto costruire. Il grande edifico si trova a Barcellona ed è stato consacrato da Benedetto XVI, il 7 novembre 2010. Secondo Fisichella la Sagrada Familia può essere assunta come l’icona della nuova evangelizzazione. Ripercorrere la storia delle varie fasi della costruzione della monumentale opera sacra non è ozioso, ma utile e soprattutto edificante per tutti. “La Sagrada Familia avrebbe dovuto essere il luogo dove la preghiera diventava il primo pensiero per quanti vi entravano, e la scoperta del trascendente avrebbe dovuto accompagnare il cammino di quanti alzavano lo sguardo al suo interno”. Le straordinarie facciate, le sue torri, le guglie, tutta la chiesa, secondo l’architetto catalano doveva rappresentare un vero “catechismo di pietra, dalla creazione fino al giudizio finale, in pratica, il cammino verso il compimento della vita eterna”. Non possiamo dilungarci ma sarà utile in qualche altra occasione riflettere su questa splendida opera architettonica.