La morte di Trimarchi Gaetano, conosciuto tra Roccalumera e Santa Teresa di Riva come “Taninu u pacciu” ha suscitato scalpore negli ambienti della riviera jonica perché è stato trovato in casa dopo diversi giorni. L’interrogativo sorge spontaneo: è ancora possibile morire da soli nella nostra società?
Sicuramente la scelta di vita di Tanino è stata particolare, un po’ stravagante, da barbone, passeggiatore scontroso e dai modi bruschi a volte, con le sue litanie gridate a forma di manie e lo sguardo appena stravolto, fissato sulle persone oppure lontano nel vuoto. Questo comportamento strano ha portato la gente a tenere le distanze, pur non essendo pericoloso e non arrecasse alcun genere di fastidio.
Ormai si cresce nella cultura dell’emarginazione e la nostra famigerata accoglienza siciliana, intrisa di familiarità e di ospitalità, è venuta meno a causa della pervasività dei modelli educativi tratti dai mass media, che incutono paura, sospetto, minacce e rischi permanenti. La stessa crescita sociale sta diventando un pericolo ed appare nel “grande paese” il tentativo, talvolta sfacciatamente palese, di separare i buoni dalle cattive compagnie, di discriminare i più deboli rispetto ai più dotati, di escludere i poveri, gli svantaggiati ed i diversi. Si cerca di valorizzare la capacità individuale che porta a primeggiare, al successo, al risultato a tutti i costi, con l’astuzia, la prevaricazione, la sfacciataggine, l’ipocrisia, la malevolenza. Si corre a carte truccate, pur di raggiungere i risultati che contano, a discapito di chi si trova accanto ed arranca magari con qualche difficoltà, a fatica, in mezzo ad ostacoli insuperabili. Si è immersi dentro una realtà disgregata, frammentata ed alienata, che manca di saldi punti di riferimento e soffre la solitudine, la depressione, il disagio personale.
Le nostre comunità appaiono colpite nel cuore della famiglia stessa, dove si sperimenta la divisione e sta venendo a mancare il cibo solido dell’amore: un sorriso, una carezza, una pacca sulle spalle, un abbraccio, una parola. Le cose che riempiono le case trasformano le relazioni personali, occupano lo spazio vitale, corrodono il tempo dell’esistenza e mettono barriere nella comunicazione. Il valore della vita non conta più di fronte agli interessi privati, agli affari, agli obiettivi di carriera, alla possibilità di mostrare il mio “possedimento”, la mia “forma”, la mia “cosa.
Tanino si può considerare vittima esemplare di questa società, che non è più in grado di garantire un minimo di familiarità, di socialità, di buon vicinato, ed è segno di una tendenza distorta dell’umanità che rischia di perdere in dignità senza perseguire la via del bene comune, della solidarietà e della fraternità.