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lunedì, Novembre 25, 2024
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Messina, “Acquasanta” alla Sala Laudamo. In scena dal 20 al 22 Aprile

Torna a Messina il teatro di Emma Dante per l’ultimo appuntamento del cartellone “Paradosso sull’Autore”, curato da Dario Tomasello. Sarà in scena nella Sala Laudamo dal 20 al 22 aprile “Acquasanta”, primo capitolo della “Trilogia degli occhiali”, scritta dall’autrice e regista palermitana, reduce da un grande successo ottenuto in Francia. Interprete del monologo è Carmine Maringola. Anche le scene e i costumi sono firmati da Emma Dante, le prime insieme con lo stesso Maringola. coproduzione Sud Costa Occidentale, Teatro Stabile di Napoli, CRT- Centro di Ricerca per il Teatro con il sostegno di Théâtre du Rond Point. “Acquasanta” è il primo capitolo del “trittico sulle marginalità”, tre lavori che hanno come filo conduttore l’ironico espediente degli occhiali: tutti i personaggi li «inforcano per difendersi dal mondo e per guardarlo come meglio credono». Tre storie autosufficienti, portate in scena separatamente, in cui l’emarginazione e l’alienazione vengono viste attraverso una docile lente che rende tutti i personaggi vicini e terribilmente umani. Il titolo allude all’acqua del mare, cui il personaggio de l’O’Spicchiato, mozzo dall’età di quindici anni e abbandonato dai suoi compagni sulla terraferma da «esattamente due anni, quattro mesi, tre settimane e cinque giorni» perché ritenuto pazzo, sente di essere legato più che a qualsiasi altra cosa. Il mare è il suo amore, con cui parla giorno e notte e che inneggia come fosse la sua ragazza: «’O mare è la ragazza mia… io ti amo», mentre non crede nell’esistenza della terraferma, ritenendola «n’illusione». Eccolo quindi che si àncora al palcoscenico a prua di una nave immaginaria e s’immerge nel tempo del ricordo, in uno sproloquio di passione per il mare, rievocando il capitano e altra ciurma come fossero sue marionette immaginarie. Un reietto in grado di provare un sentimento lirico per la sua vocazione, smorzata e al tempo stesso enfatizzata dall’uso del dialetto napoletano come lingua libera dalla banalizzazione e dalle incrostazioni dell’italiano.

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