Il rilancio del calcio non è legato alle legge dei grandi numeri. Succede altrove. Bisognerebbe riscrivere un codice etico e comportamentale, attraverso regole precise. Tasse eccessive, arbitri allo sbaraglio, mancanza di progetti, di idee, di strutture sportive e di misure di prevenzioni. Ma si può fare? E quando? Con chi? Alla Figc di Messina si lavora solo per la crescita numerica delle società. Quando i presidenti della squadre la smetteranno di guardarsi l’uno contro l’altro, e di farsi male a vicenda, e si chiederanno dove vogliano arrivare e come intendono farlo, allora questo sarà un segnale di rinnovamento. Si può capire che ognuno voglia privilegiare le rispettive posizioni, ma si fa senza incassare “umilianti” decisioni dall’alto. Tanto per essere chiari occorre sinergia tra le società calcistiche per il decollo dello sport. Giacchette nere in erba e spesso in confusione, dissapori tra i vertici dell’Aia e i responsabili della Lega di Messina e poche idee di sviluppo non permettono un radicale mutamento e soprattutto non consentono il vero rilancio del calcio dilettantistico nel messinese. La crescita numerica delle squadre è profondamente legata alla disfatta della Fc Messina della famiglia Franza. Tanto fermento, intorno al Campionato di Terza Categoria, ma pure tanta delusione. Se ne sono accorti tutti. Contestati spesso Figc, Aia e arbitri. Crepe ovunque. Anche la professione dei giornalisti è stata penalizzata. Costretti spesso a raccontare le emozioni, a catturare le immagini e i momenti indelebili dagli spalti lontano dai protagonisti. Segno evidente di un potere degenerato in protagonismo. L’ultimo strafalcione nella finale play-off tra Gescal e Sparagonà dove l’arbitro Caruso ha mandato in tribuna fotografi ed operatori televisivi adempiendo, a suo dire, agli ordini della delegazione provinciale dello Stretto. Clamorose stranezze che non possono lasciare sconcertati. Tanti gli investimenti delle società anche sotto il profilo economico (con poche soddisfazioni), e che riescono a sopravvivere esclusivamente con l’autofinanziamento, e la Lega non fa beneficenza. Anzi. Investire dove tutto funziona ha un senso, ma farlo in un mondo fragile, è un altro. Occorrono certezze, progetti chiari e trasparenti e non esclusivamente punizioni disciplinari clamorose. Non c’è molto da stare allegri quando il rilancio del calcio è legato alla legge dei grandi numeri.