Non solo per una questione di sicurezza ambientale, ma anche di salute pubblica, e, soprattutto di sopravvivenza turistica sulla quale Savoca, inserito tra i Borghi più belli d’Italia, ha investito tantissimo del suo futuro. E’ stato unanime il no del consiglio comunale di Savoca, riunito in sessione straordinaria ed aperta ai cittadini, alla prosecuzione della attività della cava di gneiss di contrada Mandrazzi per altri quindici anni, così come richiesto dalla società che la gestisce. E c’è chi minaccia di non pagare le tasse comunali fin quando non potrà vivere senza i rischi che comportano le polveri disperse nell’aria per la rilevante attività di estrazione e lavorazione dell’asfalto nell’annesso impianto, o, peggio, di bloccare la ferrovia e la statale per una protesta eclatante che porti il problema alla attenzione generale. I motivi del no sono stati illustrati in aula dal presidente del consiglio Giuseppe Meesa e dal sindaco Nino Bartolotta, concluse con una relazione di trenta pagine del responsabile dell’ufficio tecnico, ing. Lucio Nicita. In aula sono state anche lette le osservazioni prodotte dal comune di Santa Teresa di Riva (che subirebbe il maggior danno in caso di esondazione del torrente Porto Salvo, che attraversa il centro jonico e che nasce poco più a monte della cava), da oltre cento residenti di Savoca, e da Legambiente regionale che ha presentato un ricorso straordinario al presidente della Regione. Contro la negazione del comune di Savoca dell’autorizzazione a proseguire l’attività iniziata nel 1990, la società che gestisce l’impianto, la Sicobit srl ha proposto ricorso al Tar che, però, non ha ancora fissato la data della discussione, mentre il prossimo 30 maggio scade la proroga concessa alla Sicobit dal Distretto minerario per la prosecuzione dell’attività.