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domenica, Dicembre 22, 2024
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IL MINICASINO’ NON PIACE AI TAORMINESI

Taormina – Sono passati più di 43 anni dalla chiusura del Casinò di Taormina e l’argomento non è mai passato nel dimenticatoio. Puntualmente ad ogni tornata elettorale o in qualunque periodo di crisi, il discorso sul Casinò ritorna prepotentemente alla ribalta quale possibile cura dei mali della città. In realtà dai fasti del biennio in cui la casa da gioco fu aperta sono passati non solo parecchi decenni, ma anche mode e costumi: tutto è profondamente diverso. I tavoli verdi che accoglievano l’elite della società hanno lasciato il posto, nelle case da gioco esistenti non solo sul territorio nazionale, a centinaia di “macchinette infernali” che mangiano un sacco di soldi e ne restituiscono solo una parte in vincite. Il beneficio per i gestori, per le località che le ospitano e per lo Stato è notevole, ma a frequentare le sale del sogno di diventare ricchi sono spesso comitive di pensionati, di accaniti malati del gioco e di tanta altra gente che trascorre una parte del tempo delle proprie vacanze. Taormina, che resta la capitale del turismo siciliano e che dell’antica casa da gioco di Guarnaschelli conserva un legittimo rimpianto, ha sicuramente patito la mancanza di una casa da gioco. Nell’offerta turistica di quasi tutte le località turistiche esiste anche il Casinò: non averlo è penalizzante, così come è triste vedere centinaia di siciliani che ogni settimana vanno a trascorrere giorni di vacanza a Malta attratti soprattutto dalla possibilità di andare al Casinò. Non solo non arrivano introiti dal gioco, ma “escono” altre ricchezze verso l’estero. Lo Stato italiano, che dal gioco riceve notevoli guadagni (basti pensare a Superenalotto, sale Bingo, Gratta e vinci ed altro), continua a negare alle regioni del sud un diritto concesso ad alcune località del nord. Paura della malavita, delle infiltrazioni mafiose, del rischio che le famiglie possano rovinarsi ai tavoli del gioco: tutte motivazioni valide …al sud. Sicuramente, aldilà delle tanto sbandierate proposte di legge, nessuna delle quali ha mai avuto alcun esito serio e concreto, è mancata la volontà e la capacità dei politici siciliani di far valere le ragioni di un diritto uguale su tutto il territorio nazionale. Così, negli anni scorsi il governo riesce a fare autorizzare il Casinò di Venezia a realizzare delle vere e proprie succursali, sia pure con qualche limitazione. Viene da chiedersi quali sonni stavano facendo i nostri deputati mentre un simile provvedimento veniva approvato, ma ora c’è anche da chiedersi se questa piccola porta non possa essere il modo per far ripartire i giochi anche per Taormina. Favorevoli e contrari hanno espresso tutte le loro opinioni, i dubbi e le convinzioni. E’ certo che ad oggi nessuno può garantire una apertura di un vero Casinò di Taormina. La collaborazione con Venezia potrebbe dimostrare se Taormina è veramente pronta a gestire delle sale da gioco senza esserne stravolta. Ma soprattutto bisognerà capire, cifre alla mano, quanto della gestione del “miniCasinò” resterà in una città che ha grande bisogno di risorse per rilanciarsi nel mercato del turismo. Se le condizioni fossero veramente vantaggiose, se si riuscisse ad evitare il rischio del dissesto finanziario ed anche a realizzare nuovi investimenti per migliorare la vivibilità, allora forse l’idea sarebbe da prendere seriamente in considerazione. Anche per evitare che qualcun altro, un po’ meno schizzinoso e più pronto, non colga la palla balzo e si accaparri la concessione da parte di Venezia. Allora sì che sarebbe una ulteriore bella beffa.

Giuseppe Ragonese

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