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INTERVISTA AL SINDACO DI NIZZA DI SICILIA

Nizza di Sicilia – Il centro rivierasco esce dall’Unione dei Comuni. Nel corso dell’ultimo consiglio comunale si è decretato così, all’unanimità, il recesso del comune di Nizza dall’Unione dei diciotto. Nizza, insieme ai comuni di Fiumedinisi, Alì ed Alì Terme andranno invece a costituire l’Unione del Nisi. Questa decisione ha determinato non pochi “perché” da parte di quanti confidano nelle potenzialità di un’Unione che, seppur lentamente, dal 2004 è stata in grado comunque di far dialogare fra loro i vari amministratori portandoli ad organizzare la propria programmazione in modo unitario, facendo attecchire nella mentalità dei cittadini l’idea di comprensorialità. Per cercare di rispondere a questi “perché”, siamo andati ad intervistare il primo cittadino del comune nizzardo: Giuseppe Di Tommaso. – Cosa ha spinto il vostro comune a questa scelta? “Una serie di dati, una serie di considerazioni che ci hanno spinto insieme ai consigli comunali di Alì, Alì Terme e Fiumedinisi ad uscire dall’Unione dei comuni. In Italia vi sono tantissime unioni ormai, queste unioni però sono costituite da quattro, cinque, massimo sei comuni; a confronto la nostra era veramente una unione anomala. Quando è stato costituita però tutti eravamo entusiasti. Cominciò ad operare l’Unione e ben presto si vide che l’unica attività che poteva svolgere era quella di fare incontrare i consiglieri comunali dei vari comuni nelle assemblee ed i sindaci nelle riunioni di giunta ma oltre a questo non di arrivava. Non si arrivava a fare delle azioni precise, delle azioni che avessero poi dei riscontri sul territorio e che dessero risultati. La recessione di questi quattro comuni dall’Unione non và assolutamente vista come un fallimento dell’Unione dei 18 perché quella Unione più di quello che ha fatto non poteva fare perché era soltanto una Unione che serviva soltanto per vedere insieme i problemi ma non per risolverli. Noi oggi pensiamo ad una Unione diversa, più operativa, più semplice, una Unione che mette insieme quattro comuni non più per avere un pensiero comune ma per fare delle azioni amministrative che abbiano dei risultati sul territorio. Abbiamo fatto parte per i primi quattro anni di una Unione che ci ha messo insieme tutti, ci ha fatto incontrare frequentemente, oggi andiamo a fare parte di una Unione che vuole risolvere alcuni problemi importanti del territorio. Abbiamo preferito quindi lasciare quel discorso generale, culturale, vago che era la caratteristica dell’Unione dei 18 ed inseguire un disegno di concretizzazione” – Parlando dell’Unione dei comuni, lei ha spesso utilizzato l’imperfetto. La vede forse come un’Unione destinata a finire? “No, no! La nostra recessione non è per il fallimento di quella Unione che certamente continuerà ad operare. E’ solo che quella Unione insegue un disegno di tipo culturale, un confronto continuo fra i vari paesi. Da una parte c’era l’Unione che serviva solamente a far incontrare i vari amministratori e consigli comunali, dall’altra parte però ogni amministrazione si affidava poi ad altri consorzi per la realizzazione di altri servizi che non si riuscivano a concretizzare con l’Unione dei comuni”. – Nel comune di Nizza la recessione dall’Unione è stata votata all’unanimità. Alcuni consiglieri di minoranza hanno però dato un voto favorevole ma condizionato. “La minoranza ha votato all’unanimità e quindi questo è il dato politico. La minoranza, probabilmente per il suo ruolo di differenziazione, ha anche voluto distinguersi; ci sono stati quindi una serie di interventi che non hanno dimostrato di avere dei dubbi sulla costituzione di questa unione, hanno solo voluto indicare dei paletti sullo Statuto”. – Il prossimo appuntamento quando sarà? “Nelle prossime settimane ci incontreremo per predisporre lo statuto”. – Ci sarà una gerarchia all’interno di questa Unione? “No. Le unioni sono regolate da una legge che stabilisce in maniera precisa i vari organi. In questa unione ci sarà un presidente, ed io auspico che sia l’on. De Luca. Lui non lo dice ma è pure corretto che in qualche modo lo diciamo noi”.

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