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giovedì, Marzo 13, 2025
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Le mani della Mafia sul business dell’Isola Bella, Cosa nostra impresa turistica 

Uno dei filone investigativi dell’inchiesta antimafia che ha portato all’arresto di 39 persone tra Catania e Messina, ha riguardato – come è emerso dal comunicato che abbiamo pubblicato con tutti i nomi delle persone coinvolte – l’attività estorsiva esercitata nei comuni della fascia ionica della provincia di Messina e nelle zone limitrofe da Pedicone per il clan Cappello, nonché da referenti dei Cintorino e dei Brunetto-Santapaola, in funzione di accordi stabiliti nel tempo.

A essere prese di mira in particolare imprese impegnate nel settore delle escursioni turistiche svolte con barche da diporto nel tratto di mare antistante la spiaggia di Isola bella di Taormina. Frequente il ricorso a intimidazioni e danneggiamenti.

Gli elementi raccolti avrebbero dimostrato che, dopo una preliminare fase di spartizioni delle aree di influenza, una delle compagini, dopo avere cacciato altri affermati imprenditori dalla zona più esclusiva nel settore delle escursioni turistiche e sbaragliato la concorrenza, è riuscita a diventare impresa, gestendo, direttamente, il forte guadagno generato dall’enorme flusso di turisti che, ogni anno, da marzo a ottobre, visitano una delle spiagge più belle al mondo.

Gli affari dunque qui sono continuati anche dopo una precedente inchiesta sfociata il 10 giugno 2019 nell’emissione di misure cautelari personali e reali, con successive sentenze di condanna di primo e secondo grado.

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Ecco di seguito il passaggio in questione del comunicato stampa congiunto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catania e quella presso il Tribunale di Messina -Direzione Distrettuale Antimafia:

“L’altro filone investigativo focalizzato sull’area di Taormina, delegato al G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di finanza di Messina, ha consentito di acquisire gravi indizi in ordine all’attività estorsiva posta in essere nei comuni della fascia ionica della provincia di Messina e nelle zone limitrofe dal già menzionato esponente mafioso, PEDICONE Riccardo, per il clan “CAPPELLO”, nonché da referenti dell’articolazione dei “CINTORINO” e del sodalizio mafioso “BRUNETTO-SANTAPAOLA”, in prosecuzione di pregressi accordi spartitori dei proventi estorsivi che sarebbero stati stabiliti anni indietro.

Si è trattato di un’attività investigativa che si pone in continuità con le indagini già condotte dai Finanzieri etnei sotto la direzione della DDA catanese, nell’ambito dell’operazione cd “Isola Bella” nei confronti dell’articolazione “CINTORINO” del clan “CAPPELLO”, per atti estorsivi perpetrati (sino al settembre del 2017) nel settore della gestione di escursioni turistiche nel tratto di mare antistante l’Isola Bella di Taormina e sfociate nell’emissione di misure cautelari personali e reali il 10.06.2019, con successive sentenze di condanna di primo e secondo grado. Le odierne indagini delegate al GICO della Guardia di Finanza di Messina hanno attualizzato le situazioni cristallizzate nel procedimento “Isola Bella”, mettendo in primo piano il ruolo del referente del clan “CAPPELLO”, PEDICONE RICCARDO, cognato di un esponente arrestato nella precedente indagine e protagonista con altri sodali di plurimi episodi di estorsione aggravata.

Le suddette indagini hanno consentito di acquisire gravi indizi in ordine ad una serie di estorsioni, aggravate dalle modalità mafiose, compiute nei comuni della fascia ionica della provincia di Messina, in danno di privati ed imprenditori locali e, soprattutto, di imprese impegnate nel settore delle “Escursioni Turistiche”, svolte con barche da diporto nel tratto di mare antistante la spiaggia di Isola bella di Taormina, col precipuo scopo di agevolare l’associazione mafiosa e, al contempo, di finanziare l’assistenza di soggetti affiliati detenuti in carcere.

Per vincere eventuali resistenze degli estorti, i sodali avrebbero impiegato ogni strumento di persuasione psicologica e minacce (usavano diverse espressioni gergali arrivando anche ad esercitare la violenza fisica nei riguardi un imprenditore che si voleva opporre alle pretese ed apponendo, in un caso, una bottiglia con liquido infiammabile ed accendino sulla porta di un esercizio commerciale. In una particolare circostanza, RANERI Giuseppe avrebbe persino tentato di sfondare la porta di ingresso dell’abitazione di una vittima, in orario notturno, lanciando poi oggetti contundenti contro la finestra della casa per indurre la vittima ad uscire di casa e cedere ai soprusi”.

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