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mercoledì, Aprile 2, 2025
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In provincia di Messina più pensioni che lavoratori (regolari). Ecco i dati

Più pensioni che lavoratori. Il sorpasso c’è e si consolida. È quanto mette in luce l’ufficio studi della Cgia di Mestre con riferimento alle regioni del Sud Italia. E tra le province in cui emerge maggiormente questo squilibrio c’è proprio Messina: nella provincia messinese sono state erogate 256mila pensioni e ufficialmente ci sono 169mila lavoratori. Per un saldo negativo di 87mila persone, il più alto di tutta la Sicilia e dietro solo alla provincia di Napoli e a quella di Lecce.

“Il rapporto pensioni erogate e occupati è di uno a uno – scrive la Cgia – ma nel Mezzogiorno è avvenuto il sorpasso e vi sono più pensionati che lavoratori”. Secondo l’associazione degli artigiani e delle piccole imprese “in Italia le pensioni pagate ai cittadini sono 22.772.000 e gli occupati 23.099.000, mentre nelle regioni del Sud e delle Isole le pensioni ammontano a 7.209.000, mentre gli addetti sono 6.115.000”.

A livello provinciale nel 2022 la realtà territoriale più virtuosa d’Italia è stata Milano (saldo dato dalla differenza tra il numero delle pensioni e gli occupati uguale a +342 mila). Seguono Roma (+326 mila), Brescia (+107 mila).

A pesare sui numeri al Sud c’è anche la componente del lavoro in nero, che quindi sfugge al monitoraggio ufficiale. Come rivela la stessa Cgia, secondo cui il “preoccupante” quadro generale “dimostra con tutta la sua evidenza gli effetti provocati in questi ultimi decenni da tre fenomeni strettamente correlati fra di loro: la denatalità, l’invecchiamento della popolazione e la presenza dei lavoratori irregolari. La combinazione di questi fattori sta riducendo progressivamente il numero dei contribuenti attivi e, conseguentemente, ingrossando la fila dei percettori di welfare”.

Come riequilibrare il sistema? “Soluzioni miracolistiche non ce ne sono – spiega l’associazione – e ancorché fossero disponibili i risultati li avremmo non prima di 20-25 anni. Tuttavia, con sempre meno giovani e sempre più pensionati il trend può essere invertito in tempi medio-lunghi solo allargando la base occupazionale”.

In che modo? “Innanzitutto – è la ricetta della Cgia di Mestre – portando a galla una buona parte dei lavoratori ‘invisibili’ presenti nel Paese. Stiamo parlando di coloro che svolgono un’attività in nero che, secondo l’Istat, ammontano a circa 3 milioni di persone in tutta Italia, che ogni giorno si recano nei campi, nelle fabbriche e nelle abitazioni degli italiani a svolgere la propria attività lavorativa irregolare. E’ altresì necessario incentivare ulteriormente l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, visto che siamo fanalino di coda in Europa per il tasso di occupazione femminile (pari al 50 per cento circa)”.

“Inoltre – viene fatto notare – bisogna rafforzare le politiche che incentivano la crescita demografica (aiuti alle giovani mamme, alle famiglie, ai minori, etc.) e allungare la vita lavorativa delle persone (almeno delle persone che svolgono un’attività impiegatizia o intellettuale). Da ultimo – conclude l’ufficio studi dell’associazione – è necessario innalzare il livello di istruzione della forza lavoro che in Italia è ancora tra i più bassi di tutta l’UE. Se non faremo tutto ciò in tempi relativamente brevi, fra qualche decennio la sanità e la previdenza rischiano di implodere”.

(Marta Galano)

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