I medici di famiglia della provincia di Messina alzano la voce contro l’ipotesi di riforma della medicina generale che potrebbe trasformare il loro status da convenzionati a dipendenti. Un dossier sul quale sta lavorando il governo nazionale e che non risparmia tensioni tra le stesse forze di maggioranza di centrodestra.
Un cambiamento che, secondo la Fimmg di Messina, la federazione dei medici, rappresenterebbe un duro colpo per l’assistenza territoriale, minando principi fondamentali come la prossimità delle cure, la domiciliarità e il rapporto fiduciario tra medico e paziente.
A guidare la protesta è il segretario provinciale Aurelio Lembo, che ha inviato una lettera aperta ai sindaci e agli amministratori della provincia per sensibilizzare le istituzioni su una questione che, secondo la Fimmg, potrebbe avere ripercussioni sulla sanità territoriale.
“Le Case di Comunità non potranno, per ovvie ragioni, essere luoghi di prossimità delle cure, come lo sono i nostri ambulatori di quartiere o i presidi di continuità assistenziale” spiega Lembo, sottolineando come il passaggio alla dipendenza rischierebbe di “indebolire l’assistenza territoriale, minando nel suo assetto più profondo il rapporto di fiducia che oggi lega il paziente al medico di famiglia, oltre che la capillarità dell’assistenza stessa”.
La riforma, infatti, è pensata per rendere le Case di Comunità i nuovi punti di riferimento della sanità territoriale, ma secondo i medici di famiglia questa trasformazione non garantirebbe lo stesso livello di assistenza diffusa e personalizzata che oggi viene offerta attraverso gli studi dei medici di medicina generale.
Oltre alla questione del passaggio alla dipendenza, c’è un altro nodo cruciale che sta mettendo in crisi il sistema sanitario territoriale: il numero sempre più ridotto di medici di famiglia e pediatri. Un problema che negli ultimi anni si è acuito e che sta già creando disagi ai cittadini, con intere aree che rischiano di rimanere scoperte e pazienti costretti a spostarsi per trovare un medico disponibile.
Il rischio, secondo la Fimmg, è che una riforma che punta sulla centralizzazione dell’assistenza possa aggravare ulteriormente questa carenza, rendendo ancora più difficile per i cittadini accedere a cure tempestive e personalizzate.
Lembo ribadisce che “chi oggi sostiene il passaggio alla dipendenza dei medici di famiglia sottovaluta il concreto rischio di distruggere un pilastro fondamentale della sanità, negando ai cittadini il diritto di scegliere il proprio medico di famiglia e determinando la chiusura degli studi di medicina generale”.
Secondo la Fimmg, la strada da seguire dovrebbe essere invece quella prevista dal DM77, che prevede un’integrazione tra medicina generale, personale infermieristico e amministrativo, senza stravolgere l’attuale modello. Una protesta che si inserisce in un dibattito più ampio che riguarda il futuro della sanità territoriale in Italia.