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Arik Bendaud: “Quando in Israele dici Italia è la parola magica”


Roma, 16 dic. (askanews) – (di Pierluigi Allotti) Arik Bendaud, 45 anni, romano, senior manager nel settore high-tech negli ultimi 15 anni e ora consulente per start-up, sposato con una cittadina olandese e padre di quattro figli, è il presidente del Comites Tel Aviv, conosciuto e stimato tra gli ‘Italkim’ in Israele. I Comites (Comitati per gli italiani all’estero) sono organismi rappresentativi eletti direttamente dai connazionali residenti all’estero, in ciascuna circoscrizione consolare ove risiedono almeno 3 mila connazionali registrati all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero). Askanews ha incontrato Arik (da remoto) e lui ci ha raccontato la sua storia.

Quando sei arrivato in Israele? Quando ti sei trasferito?

‘Nel 2008, per ragioni personali, ho deciso di prendere una pausa. Vivevo a Roma, ero commercialista, avevo una vita impostata e pensavo di conoscere già la mia strada. Poi però ho sentito il bisogno di staccare da tutto, di prendere una pausa appunto. Nel maggio 2008 ho deciso di partire per Israele con l’idea di tornare a Roma alla fine dell’estate, per riprendere la mia vita di sempre. E invece sono venuto qui e non sono più tornato. Ho preso tutt’altra direzione’.

Trasferitomi, ‘ho prima lavorato nel trading finanziario, ma il mio sogno era entrare nell’high-tech. Ho lavorato nell’high-tech per una società chiamata ironSource; ho iniziato nel 2013 e l’ho lasciata nel gennaio 2023, quasi dieci anni dopo. Una società che era una start-up di 60 persone quando sono stato assunto, e sette anni dopo, quando ci siamo quotati in borsa sul Nasdaq, eravamo già oltre mille. Ho lavorato nell’ambito commerciale e finanziario; ho avuto diversi ruoli di rilievo gestendo diverse decine di persone. Ho fatto la mia carriera in quella società, poi ho lavorato in un’altra start-up in ambito medico – Tytocare – e poi adesso ho iniziato un’attività autonoma perché faccio consulenza ad alcune start-up italiane e israeliane in ambito high-tech, per sfruttare un po’ quelle che sono le mie varie conoscenze degli ultimi 15 anni’.

Parlaci della comunità italiana in Israele.

‘La comunità italiana in Israele è abbastanza grande ed è in continua crescita. Noi siamo il Comites più grande dell’Asia, con oltre 19 mila iscritti (all’Aire), e poi c’è il Comites di Gerusalemme con circa 3 mila. Ovviamente in questi numeri ci sono anche molti italiani per discendenza. Io sono qui da sedici anni e mezzo e la tendenza è in crescita: due o tre anni fa circa eravamo 17.700. Poi la recente legge, che prevede sanzioni per i non iscritti all’Aire, ha spinto in qualche modo la gente a registrarsi e in tanti si sono registrati. Inoltre in questi anni ho visto tanti ragazzi che dall’Italia sono venuti qui, dopo il liceo e l’università, per cercare lavoro e una direzione nella vita, spinti dal sentimento sionista oltre che dal fatto che l’economia israeliana è molto dinamica e offre grandi opportunità per chi ha voglia di emergere’.

E la tua esperienza nel Comites? Com’è cominciata?

‘Quando sono arrivato qui, nel 2008, ho scoperto che a Tel Aviv non c’era un centro di aggregazione per italiani. Ho voluto quindi creare questo punto di riferimento fondando la sinagoga degli italiani di Tel Aviv. Insieme ad altri due amici già alla fine del 2008 abbiamo trovato un posto che ci ha accolto, e intorno alla sinagoga si è creata una comunità composta oggi da diverse centinaia di persone di tutte le età, punto di riferimento anche per gli italiani che vengono in vacanza qui’.

‘Nel 2014, in occasione delle elezioni del Comites mi fu chiesto dall’allora presidente Raphael Barki – mio punto di riferimento per la mia ‘carriera’ in favore degli italiani in Israele – se volevo partecipare. Ho accettato, io sono sempre contento di dare il mio contributo quando si tratta di creare comunità. Mi sono presentato e sono stato eletto. Visto il mio passato da commercialista ho fatto il tesoriere del Comites nel primo mandato. Nel 2021, nelle nuove elezioni, svoltesi con due anni di ritardo per contrattempi di natura burocratica (di regola si vota ogni 5 anni), sono stato incoraggiato a candidarmi alla presidenza, ho creato una lista e sono stato eletto. Ho cercato di creare un Comites con una età media un po’ più bassa, coinvolgendo anche giovani di 20-30 anni, per cercare di rappresentare un po’ tutte le fasce d’età. Il Comites deve rappresentare tutti e mi sembrava giusto dare rappresentanza a tutti’.

Che attività svolge il Comites Tel Aviv?

‘Come Comites Tel Aviv abbiamo sviluppato nel tempo diversi progetti, il più importante dei quali, secondo me, che portiamo avanti ormai da diversi anni, riguarda i pensionati perché in Israele non c’è un Caf. Così succede che molti italiani che si trasferiscono qui possono ritrovarsi con pratiche incagliate o con problemi di diverso genere, e all’improvviso magari anche senza pensione. Abbiamo quindi lanciato questo progetto per creare uno sportello di assistenza ai pensionati, grazie ad un finanziamento del Ministero degli Esteri. Ci siamo affidati a un team che si è specializzato nella materia e fa il ruolo del Caf. Il numero sempre crescente di italiani in Israele – e in particolar modo di pensionati – rende necessario questo sforzo da parte nostra e ci auguriamo che l’Amministrazione italiana trovi una soluzione stabile in tal senso che non dipenda dal Comites’.

‘Abbiamo poi un progetto, rivolto ai bambini e anche questo portato avanti già da alcuni anni, chiamato ‘Giro Girotondo’. Lo scopo è di creare dei luoghi di incontro per i bambini italiani in Israele, dove possano imparare la lingua e la cultura italiana (storia, geografia ecc.). Durante il periodo del Covid abbiamo attuato invece il progetto di ‘Positività e Resilienza’ promosso dalla nostra Vice Presidente Angelica Calò che prevedeva incontri settimanali da remoto, per aiutare le persone a superare i momenti di difficoltà e rafforzare la propria autostima. Un altro progetto importantissimo è il ‘Posso’: in sostanza uno sportello di assistenza psicologica che ha funzionato molto durante la pandemia. Abbiamo avuto anche un progetto per il teatro, con corsi di recitazione. Cerchiamo di fare insomma attività per unire gli italiani e di assisterli e rappresentarli nei rapporti con l’Ambasciata e il Consolato. Siamo una comunità in crescita, ma purtroppo lo staff dell’Ambasciata non cresce; ci sono tante persone che hanno bisogno di accedere ai vari servizi consolari (ad esempio passaporti) e a volte può prendere diverso tempo nonostante i grandi sforzi da parte dello staff del Consolato con cui c’è un’ottima comunicazione e collaborazione. La nostra speranza è che la crescita della comunità italiana in Israele possa essere sostenuta anche tramite l’ampliamento dell’organico amministrativo qui presente.

La comunità italiana in Israele come vive il proprio rapporto con l’Italia? C’è attenzione per le vicende italiane? E gli israeliani come vedono l’Italia?

‘C’è un legame molto stretto e c’è grande interesse per ciò che avviene in Italia. Lo sport e soprattutto il calcio sono molto seguiti. Qui ci sono Roma, Inter, Milan club. L’aspetto sportivo è sicuramente molto presente, e anche la politica italiana si segue, ma forse – non vivendo in Italia – con un pizzico di distacco. In questo momento difficile c’è forse un maggiore coinvolgimento perché vogliamo capire cosa si dice di Israele in Italia. E’ stato importante per noi registrare la vicinanza ad Israele del governo ed al dramma vissuto a partire dal 7 Ottobre. Purtroppo, questo atteggiamento non è stato univoco e l’utilizzo dei ‘ma’ e la necessità di fare ‘politica’ anche di fronte al terrorismo ha lasciato il segno. Gli italiani tendono molto più degli altri a rimanere attaccati alle proprie radici, e questo secondo me è un aspetto molto importante. Con la tecnologia (Internet, social media) la distanza poi non si sente quasi più. Con Whatsapp puoi fare videochiamate quando vuoi, e adesso magari no perché c’è la guerra, ma anche i voli fino a un anno e mezzo fa erano molto convenienti: con 150/200 euro si poteva comprare un biglietto andata e ritorno per l’Italia, una cifra se non alla portata di tutti, di molti. Ora, come dicevo, è un momento difficile. La nostra vita è cambiata perché ci siamo purtroppo abituati a vivere nel timore con le sirene antimissile. Speriamo di poter tornare presto a vivere serenamente in questa terra e viaggiare come prima. Quanto agli israeliani, infine, quando qui in Israele dici che sei italiano la gente ti accoglie a braccia aperte: ‘L’Italia, che bella’, ci dicono…gli israeliani sono pazzi per l’Italia, hanno un amore per l’Italia sconfinato, quando dici Italia è la parola magica’.






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