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martedì, Dicembre 17, 2024
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Meloni irritata per aumento stipendi ministri: norma va ritirata


Roma, 17 dic. (askanews) – “Sono d’accordo con il collega Crosetto, mi unisco alla richiesta di ritiro dell’emendamento” che aumenta lo sipendio di ministri e sottosegretari non parlamentari. Giorgia Meloni approfitta di una domanda sollevata nel corso del dibattito alla Camera sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo per chiarire la posizione del governo sul caso.

La premier, nei giorni scorsi, ha assistito con grande “irritazione” – viene riferito da chi ci ha parlato – alle polemiche per l’emendamento apparso nel percorso parlamentare della legge di bilancio. Grave, per lei, che di tutta la manovra (per la quale sottolinea sempre di aver fatto il “massimo” date le risorse disponibili) emergesse nel dibattito e sui media solo questo aspetto, che certo non contribuisce ad accrescere il consenso per l’esecutivo. “Non credo – ha detto ancora alla Camera – che l’attenzione sulla legge di bilancio che abbiamo varato, che concentra risorse su famiglie e redditi medio bassi, debba essere spostata da una norma del genere”. Una difesa che però, nell’intervento in Aula, ha unito anche a un attacco nei confronti del Movimento 5 stelle. “Per amore di verità” – ha scandito – la norma “è un po’ diversa da come è stata raccontata: si voleva equiparare il trattamento del ministro parlamentare a quello del ministro non parlamentare, fanno lo stesso lavoro, è normale abbiano lo stesso trattamento. Prendo atto che per i colleghi dell’opposizione lo stipendio di un parlamentare è troppo alto per un ministro, ma eviterei di farmi dare lezioni dai colleghi del M5s perchè è possibile che questa norma non vada bene, ma detto da quelli che hanno speso soldi degli italiani per dare 300mila euro l’anno a Beppe Grilo anche no…”.

Polemiche a parte, il danno di immagine c’è stato e Meloni pretende che l’emendamento sia cancellato. Per questo lunedì sera, dopo ore di stallo, aveva fatto intervenire il ministro della Difesa Guido Crosetto per chiedere il ritiro del provvedimento. Obiettivo solo in parte raggiunto: dopo ore di sospensione dei lavori della commissione, infatti, il testo è stato riformulato (per ora) dai relatori. Nella norma resta solo un fondo da 500 mila euro per il rimborso delle spese di trasferta dei ministri non eletti. In particolare la norma prevede che i ministri e i sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma “hanno il diritto al rimborso delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni”. Per questo scopo viene istituito dal 2025 un fondo da 500mila euro presso la Presidenza del Consiglio, le cui risorse sono destinate alle amministrazioni interessate con un Dpcm su proposta del ministro dell’Economia. Modificata anche la cosiddetta norma “anti-Renzi”, che era contenuta nello stesso emendamento: parlamentari e presidenti di Regione potranno ricevere compensi, contributi o prestazioni da soggetti pubblici o privati non aventi sede operative nell’Unione europea o nello spazio europeo, solo con autorizzazione dell’ente di appartenenza. E comunque non potranno essere superiori a 100.000 euro l’anno. Nell’ultima formulazione sparisce il divieto di ricevere compensi dall’estero per i membri del governo non parlamentari.

Adesso i nuovi emendamenti dovranno passare al voto della commissione e non si escludono altre sorprese.







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