Roma, 22 nov. (askanews) – Quasi terminato il conto alla rovescia per Nova, ambizioso titolo assegnato alla due giorni conclusiva del “processo costituente” del Movimento 5 stelle avviato in estate dal suo leader Giuseppe Conte. La manifestazione è in programma al palazzo dei Congressi dell’Eur fra sabato 23 e domenica 24. Attese più di tremila persone all’evento, un fitto programma di tavole rotonde tematiche, alcune idee insolite (come una “intervista a Enrico Mentana”, direttore del TgLa7) e una corposa lista di ospiti nazionali e internazionali: gli economisti Joseph Stigliz, Luigi Zingales e Jeffrey Sachs, lo storico dell’arte Tomaso Montanari, giuristi come Michele Ainis, Roberta Calvano e Massimo Villone, studiosi e tecnici del mondo sanitario come Ivan Cavicchi e Nino Cartabellotta, ex magistrati antimafia oggi parlamentari M5S come Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho. Posto d’onore per Alessandra Todde, presidente della Regione Sardegna, protagonista dell’unico successo elettorale dell’ultimo anno, che interverrà domenica a ora di pranzo. Il colpo di coda viene dall’invito fatto a Sahra Wagenknecht, leader del partito BSW, unica forza di sinistra in crescita in Germania, lontana dalla cultura liberale-atlantista del centrosinistra italiano, quasi una provocazione per i potenziali alleati di Conte.
Alla vigilia della grande assemblea pubblica la linea “progressista” di Conte, che ne fa una pregiudiziale (“se la comunità degli iscritti decidesse di andare in una direzione opposta”, avverte, “mi farei da parte”) ha raccolto gli endorsement pubblici di diversi “big” del Movimento, a partire da Roberto Fico, da tempo tra i più convinti sostenitori della scelta di campo e dell’alleanza col Pd. Schieratissimo anche sul superamento del limite dei due mandati, “perché così possiamo meglio competere sui territori”, Fico frena su nome e simbolo, sul cui cambiamento Conte si dice neutrale, anche se sarebbe, sottolinea, “un segnale di rinnovamento”. Chiara Appendino ha provato a suggerire una linea più “unitaria”, mettendo l’accento sulla necessità di ricostruire “l’identità” del Movimento prima di pensare alle alleanze, ma non sembra volersi proporre come riferimento per una battaglia di minoranza interna. Come finirà? Nel campo dei sostenitori residui di Grillo il clima è di rassegnata attesa: c’è chi semina dubbi sulla credibilità dei risultati attesi dal voto on line (le modifiche che richiedono una maggioranza qualificata potrebbero consentire al garante un intervento per far ripetere il voto), e chi dice che non c’è più spazio per restare: “Nei partiti le minoranze interne hanno un peso, dibattono, propongono istanze. Qui c’è la morte civica, da quando Conte è diventato presidente”, protesta, a taccuini chiusi, una figura di primo piano del M5S dell’era Grillo. Una dichiarazione che sembra lo specchio di quella, sul fronte opposto, della vicecapogruppo alla Camera Vittoria Baldino, di sicura fede contiana, che in una intervista ad Affaritaliani.it indica agli oppositori la via dell’uscita: “Meglio la scissione che la minoranza inter