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venerdì, Novembre 22, 2024
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Lo strazio del padre di Lorena Quaranta su Rai1. A fine novembre la sentenza sull’ex fidanzato

In un’intervista per TV7, lo speciale del Tg1, Vincenzo Quaranta, padre di Lorena, la giovane ventisettenne brutalmente uccisa dall’ex fidanzato Antonio De Pace il 31 marzo 2020 a Furci Siculo, ha espresso la sua fiducia nella Corte di Reggio Calabria, chiamata a pronunciarsi nuovamente sulla pena dell’assassino della figlia. Dopo quattro anni e mezzo di battaglie legali, infatti, la Cassazione ha disposto un nuovo processo, imponendo di riesaminare la pena alla luce della possibile attenuante dello “stress da Covid”. Mentre il primo grado si era concluso con una condanna all’ergastolo, la Procura generale ha ora richiesto una riduzione della pena a 24 anni. La sentenza è prevista per fine novembre.

Vincenzo Quaranta, rievocando la memoria di Lorena, ha raccontato di come la figlia fosse il “pilastro della famiglia”, animata fin da piccola dal sogno di diventare medico. Ha sottolineato l’assurdità della richiesta di attenuanti, affermando che De Pace non manifestava alcuna patologia mentale né segni di stress: anzi, continuava la sua vita quotidiana senza restrizioni, uscendo la sera e giocando ai videogiochi. La sua vita non sembrava scossa dalle difficoltà che poi ha usato come scusante. Per questo Quaranta si appella ai giudici popolari e alla presidente della Corte, chiedendo giustizia per Lorena e per tutte le donne, affinché non si cerchi di giustificare l’autore del crimine.
Nella conversazione con la giornalista Maria Grazia Mazzola, papà Quaranta ha ripercorso i momenti drammatici vissuti dalla famiglia: l’orrenda scoperta di Lorena strangolata e colpita ripetutamente con una lampada. Ha ricordato anche gli ultimi messaggi trovati sul cellulare della figlia, testimonianze del comportamento ossessivo e violento del compagno, che si sentiva inferiore a lei a causa della sua carriera da infermiere in contrasto con l’ambizione di Lorena di diventare medico.
Il caso di Lorena si intreccia con quello di altre vittime di femminicidio, come Giulia Cecchettin, e solleva ancora una volta il tema del rancore e della gelosia di alcuni uomini che non riescono a tollerare l’emancipazione delle donne. Il Procuratore di Tivoli, Francesco Menditto, intervistato anch’egli da Mazzola, ha evidenziato come questi omicidi siano spesso legati a dinamiche di controllo e gelosia, denunciando la frequente giustificazione degli autori di femminicidi sulla base di attenuanti come lo “stress” o la “stanchezza”, che non dovrebbero trovare spazio in sede legale.
La testimonianza di Vincenzo Quaranta è un appello forte e chiaro affinché la giustizia sia severa e inflessibile di fronte a simili delitti, affinché nessun crimine di questa natura sia sminuito o giustificato. “La vera pena è l’ergastolo,” dichiara il padre di Lorena, ricordando che la società ha il dovere di proteggere le donne e di riconoscere il valore della loro vita, chiedendo per loro il massimo rispetto.

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