Oltre quindici chilometri di splendida costa, 80% di spiaggia libera e balneabile, mare pulito (depuratori permettendo), docce gratis, servizi per persone con disabilità e raccolta differenziata accettabili, piste ciclabili. Non solo. Un patrimonio storico, culturale e architettonico invidiabile (il castello arabo-normanno di Sant’Alessio, la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo d’Agrò di Casalvecchio, il panorama di Forza d’Agrò, la Torre saracena e il parco Quasimodo a Roccalumera, lo splendido borgo di Savoca e la storia del Padrino, la cavea e il lungomare di Furci, la passeggiata e le sculture di Nino Ucchino a Santa Teresa e ancora tanto altro, senza far torto a nessuno) insieme a un’offerta enogastronomica all’altezza della storia culinaria siciliana.
Tutto questo è a soli 15 minuti di auto da Taormina: è la Riviera jonica messinese che può vantare quattro Comuni con la Bandiera blu (S.Teresa, Roccalumera, Furci e Alì Terme). Si tratta di un binomio dalle grandi potenzialità sul fronte turistico. Ci sarebbero tutti gli ingredienti, oggi più che mai, incluso il brand, per fare il salto di qualità. Eppure – con le dovute proporzioni – il turismo non decolla come dovrebbe e meriterebbe né a Taormina né nella Riviera jonica. I motivi sono tanti e annosi e prescindono dai numerosi disagi registrati questa estate (dal caos aeroporti all’allarme incendi fino all’eruzione dell’Etna, di cui avevamo già parlato nelle scorse settimane) che hanno determinato oltre il 20% di cancellazioni e disdette di prenotazioni. Taormina, è vero, ha recuperato in parte soprattutto nella settimana di Ferragosto, con un boom di stranieri in particolare dal Nord America. Ma, nel computo annuale, la stagionalità è relativamente corta e il valore aggiunto è minimo, nonostante il target della clientela sia medio alto, e non produce la ricchezza che ci si aspetterebbe. Basti pensare che, secondo il report 2023 di Sociometrica promosso da Federalberghi, sono appena cinque i Comuni siciliani nella top 100 dei centri che guadagnano di più dal turismo e solo uno, Palermo, nella top 20. In questo ranking ad esempio Taormina è soltanto al 45° posto con 326 milioni di valore aggiunto, dietro a località come Bardolino, Comacchio, Abano Terme, Sirmione che portano più ricchezza ai propri territori.
Un altro dato: fra le grandi città con 200mila abitanti o più, Messina è all’ultimo posto in fatto di intensità di turismo essendoci “appena” 0,40 presenze turistiche per ogni abitante (al primo posto Venezia con quasi 50 presenze turistiche per ogni residente). Milioni di turisti ogni anno scelgono l’Isola, la spesa turistica stimata è di circa 2,3 miliardi di euro. Sempre secondo lo studio di Sociometrica, però, si tratta di turismo più “povero”, cresciuto negli ultimi anni principalmente sul modello degli affitti privati (sui quali c’è anche tanta ‘speculazione’), rispetto ad alcune località del centro-nord Italia che vantano una tradizione alberghiera più solida e redditizia. A parte Taormina, Giardini Naxos, Letojanni e Sant’Alessio, infatti, da Santa Teresa ad Alì Terme gli hotel si contano col contagocce, i trasporti sono il minimo sindacale, i prezzi per gli alloggi in costante aumento non sono giustificati dai servizi proposti, un’offerta troppo disaggregata.
La Riviera Jonica non può prescindere dal traino di Taormina per potersi affermare nel panorama turistico nazionale, mentre la perla dello Jonio non potrebbe che trarne giovamento ad esempio per allungare la permanenza media dei turisti. Questo è un aspetto ormai assodato. Ma cosa fare per raccogliere e sfruttare questa opportunità, unendo il brand di Taormina a quello della Riviera Jonica e offrire così delle alternative turistiche complementari? Servono idee e unità. La stessa unità che nelle scorse settimane ha portato i sindaci del comprensorio a sedersi insieme intorno a un tavolo per accendere i riflettori sul raddoppio ferroviario Messina-Catania, per affrontare con le autorità competenti non solo i disagi e i problemi legati alla viabilità ma anche le enormi opportunità che si avrebbero da questa infrastruttura strategica per lo sviluppo della zona.
Può essere questa l’occasione per avviare già in autunno un tavolo di confronto permanente tra gli amministratori locali, quanto meno dei comuni costieri, che coinvolga stakeholders e categorie (albergatori, gestori delle strutture ricettive, imprenditori, commercianti) al fine di pianificare una strategia che, ovviamente, dovrà essere di medio-lungo periodo. La consapevolezza sembra esserci, finalmente, e la presenza alla guida dell’amministrazione taorminese di un sindaco che conosce a menadito la costa jonica è un plus che non può essere sprecato. Non c’entra il colore o la casacca politica, perché se cresce l’intero hinterland ne beneficiano tutti. Se non ora quando?