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“Suggestioni dal set” alla Festa del Cinema di Roma tra narrazione del lockdown e metacomunicazione sul cinema

Un racconto inedito e appassionato sul modo di fare cinema durante il periodo più duro della pandemia, che ha costretto anche i cineasti a rivedere schemi e regole, ridefinire i rapporti, stabilire nuove modalità di casting, nella nona edizione di “Suggestioni dal set”, evento dibattito sul cinema e i suoi protagonisti, ideato e condotto dal giornalista Marco Bonardelli che il 14 ottobre scorso, nello Spazio della Roma Lazio Film Commission, nell’ambito della sedicesima Festa del Cinema di Roma, ha affrontato la tematica “Cinema e lockdown tra ispirazione, narrazione e resilienza”. Protagonisti del dibattito attori, registi, sceneggiatori e addetti alle colonne sonore che sono stati coinvolti nell’esperimento ben riuscito di fare cinema a distanza, tramite i loro smartphone, dimostrando sul campo che “il cinema non si ferma”. Lo ha ribadito Marco Bonardelli introducendo i suoi ospiti, Francesco Acquaroli, Andrea Cedrola, Barbara Esposito, Francesco Foti, Alessandro Molinari, Carla Giulia Casalini, Francesca Zanza, protagonisti di un’arte cinematografica che riesce a trovare, anche in mezzo alla tragedia di una pandemia, nuovi modi e vie di espressione.
L’evento capita proprio il giorno in cui i cinema riacquistano la possibilità di una capienza completa e ciò si coglie anche nella sala che ospita la manifestazione, con le presenze al massimo della possibilità.
I componenti dei cast dei film scelti per il dibattito si incontrano in presenza per la prima volta, ed è subito “metacomunicazione”. Vengono fuori aneddoti, battute, racconti di resilienza assoluta che, in linea con le aspirazioni alla socialità del primo lockdown, vedono subito gli attori entusiasti ad accogliere l’invito dei registi a mettersi in gioco. Un giro di telefonate, come per organizzare una festa tra amici, ed è subito film. Ma le difficoltà sono state tante, come è stato ribadito nel corso dell’incontro, da cui è emersa una nuova idea di “set”, con regole diverse, location ricavate in stanze di abitazioni comuni (quelle degli attori coinvolti), costumi di scena reperiti da armadi privati, suppellettili da stanze ad altro adibite, e foto rubate ad album di famiglia.
Un girato che ha sostituito la telecamera con lo smartphone, barattando il rapporto in presenza con l’intrusione negli spazi d’intimità degli artisti, nelle loro famiglie, tra una porta che si apriva all’improvviso e figli che spegnevano le luci per dispetto. Tutto questo il background dell’esperimento che ha portato ai lavori di grande valore e interesse sociale e cinematografico, di cui sono stati proiettati alcuni spezzoni.
Primo film ospite, “Il cinema non si ferma” di Marco Serafini, pur nella drammaticità degli eventi descritti, riecheggia, secondo Bonardelli, la grande commedia all’italiana, offrendo momenti di sana ironia, necessari per ricaricare le batterie. Emblematiche le parole del regista: “Vedo oggi i miei attori per la prima volta di persona. Ho dovuto fare la regia su Skype e Zoom da Monaco di Baviera perché non avevamo una troupe vera”. “Abbiamo imparato tanto – ha aggiunto l’attore catanese Francesco Foti – ognuno si è dovuto arrangiare con i mezzi a propria disposizione. Ci siamo scambiati i ruoli, e ciò che mancava lo abbiamo trovato in scatoloni enormi lasciati dalla produzione sul pianerottolo”.
“Il giorno e la notte” di Daniele Vicari, anch’esso girato da remoto, si serve della metafora narrativa di un lockdown conseguente ad un attacco terroristico di natura batteriologica. “La cosa più bella del film – evidenzia Francesca Zanza, produttrice – è che si è aperta una piccola crepa di anarchia che ha reso possibile creare un qualcosa di incredibile da fare oggi nelle modalità di ripresa e interpretazione”. Invece Barbara Esposito ha interpretato assieme al marito Francesco Acquaroli, una coppia in crisi che ha perso un figlio: ”Una storia difficile da rendere, soprattutto per chi non ha figli”.
“La vita in una scatola” di Fausto Petronzio ha raccontato una delle pagine più strazianti della pandemia: l’impossibilità di incontrare o salutare per l’ultima volta i propri cari in ospedale. La clip rende subito l’idea di un addio: quello di un padre morto per Covid in una clinica, attraverso una lettera fatta recapitare alla figlia dentro una scatola che aveva con sé. Il film fa perno soprattutto sulla mimica e il linguaggio gestuale, quasi per niente sulla voce, salvo quella del padre (il celebre doppiatore Mino Caprio) che parla in sottofondo mentre la protagonista sfoglia i loro ricordi. Sabrina Marciano ha specificato il senso profondo del film: “Abbiamo voluto fare omaggio agli anziani morti nelle case di cura e alle loro famiglie”. Per l’attrice è stato particolarmente intenso fare un’interpretazione quasi del tutto mimica, anche per il momento in cui si trovava, avendo perduto da poco il proprio padre, come la protagonista.
In chiusura, anche uno spazio dedicato ad “Aria” di Brace Beltempo, corto sulla violenza domestica al tempo del lockdown, con un contributo video della protagonista e sceneggiatrice Barbara Sirotti. Un film incentrato su quel “sommerso” non meno significativo di ciò che invece è stato più volte dibattuto sulla pandemia. Il corto è stato dedicato a Clara Ceccarelli, commerciante genovese uccisa dall’ex compagno.
L’evento è stato promosso e sponsorizzato dal sito di diffusione artistica “Suggestioni Press” di Marco Bonardelli, special partner del Premio Vincenzo Crocitti International.

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