Su accoglimento della richiesta presentata dai legali della moglie Antonella Zuccarello, la Procura ha riaperto le indagini sulla morte di Peppino Matroeni, il 52enne originario di Antillo ma residente a Savoca che il 23 novembre 2017, durante una battuta di caccia al cinghiale insieme a tre amici, ha perso la vita. Mastroeni, secondo la ricostruzione dei fatti dell’epoca mentre si trovava alle pendici di Montecavallo, sarebbe stato colpito alla nuca da un masso staccatosi dal costone roccioso e poi rotolato nel dirupo sottostante.
A causa della zona impervia è stato necessario l’intervento del Nucleo Saf (Speleo-Alpino-Fluviale) di Catania che, dopo oltre 10 ore di intervento, sono riusciti a recuperare il corpo. La famiglia non ha mai creduto che si fosse trattato di un incidente tanto che il caso lo scorso gennaio, e in questi ultimi giorni, approda alla trasmissione di Rai Tre “Chi l’ha visto”.
Secondo gli accertamenti di due professionisti è stato scoperto che il masso non è la causa della morte perché staccatosi almeno un anno prima dell’incidente e che le macchie di sangue sul petto e addome di Mastroeni non sono riconducibili alla ferita al capo. Dunque più di un dubbio sulla vicenda che ha portato la famiglia a chiedere la riesumazione della salma e capire dall’autopsia cosa è successo quel giorno.
Sono state ascoltate diverse persone tra cui anche un testimone che avrebbe visto da lontano un litigio tra i cacciatori. Sarebbe questa testimonianza a insinuare che alla base della morte di Mastroeni ci sia un omicidio. L’uomo dopo aver raccontato, a distanza di 10 mesi da quel tragico giorno, quello che aveva visto alla moglie andò a denunciare la sua versione ai Carabinieri. La Procura non ritenne attendibile la testimonianza per alcune incongruenze. Secondo questo super testimone che ha visto tutto dalla distanza di circa 5 chilometri con un binocolo dopo un acceso diverbio uno dei tre amici l’avrebbe spinto nel dirupo.