Le feste rituali rappresentano sempre una buona occasione per riportare sulla tavola, piatti tradizionali che rievocano il buon tempo antico. Il volumetto di Antonio Sarica “ Del cucinare in riva allo Stretto”(Società Messinese di Storia Patria, Messina 2003 pg.116), con introduzione di Sergio Todesco, ripropone 73 antiche ricette messinesi, recuperate attingendo ai ricordi di famiglia. Tra le fonti ha particolare rilievo, la madre dell’autore, Maria Triolo Sarica che, da vera cultrice della cucina tipica peloritana, ne ha custodito gelosamente i segreti. Il” tempo che fu “ rivive in queste ricette che evocano in chi ha qualche anno in più, sensazioni olfattive e gustative quasi dimenticate , quasi un salto nel passato di proustiana memoria. Come les madeleines, tuffate nel tè, provocano un piacere delizioso, nel protagonista narratore de “Alla ricerca del tempo perduto”, facendolo elevare dalla mediocrità e dalla precarietà del presente, così il tuffo nel passato proposto da Sarica, ci riporta alla nostra infanzia, agli affetti perduti e alle grandi e spesso deluse speranze, con la consolazione però dei cari ricordi. Predominanti nella raccolta risultano i piatti a base di pesce, principalmente il pescespada e lo stoccafisso (pescestocco). Quest’ultimo conosciuto dai Messinesi, attraverso i contatti con i navigatori nordici e norvegesi, è diventato un piatto tipico dalle molteplici e gustose varianti. Proprio su questo argomento, Sarica ha tenuto il 20 ottobre u. s. presso il Gabinetto di Lettura di Messina un’interessante conferenza, illustrando sia le varie modalità di preparazione del pesce ma anche rievocando le trattorie specializzate, come quella famosa di Don Fano. Interessante anche la sezione dedicata ai piatti “rituali” preparati per le principali festività: “la pasta ‘ncaciata “ per Ferragosto, il “ciusceddu” per Pasqua,i “pituni” per l’Annunciazione. Tra le peculiarità del libro, l’attenzione riservata agli ingredienti che devono essere scelti con cura e ai procedimenti di cottura che devono essere osservati con meticolosità. Una particolarità del ricettario consiste in una sorta di complicità che sembra instaurarsi tra l’estensore della ricetta e l’esecutore, i suggerimenti e i consigli del primo non si rivolgono a un lettore astratto e lontano ma ad un amico che deve ben figurare nella realizzazione del piatto. La suggestione non viene da un mondo spasmodico e alienato come quello in cui viviamo ma da un mondo in cui il tempo dilatato e non incalzante induce a dar spazio ai rapporti umani e alle ragioni del cuore che passano anche attraverso la buona tavola.