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domenica, Novembre 24, 2024
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Contro il pensiero unico progressista e totalitario nella scuola italiana

Riprendiamo per concludere il discorso sulla “buona scuola”, insisto con il testo di Paola Mastrocola, “Togliamo il disturbo”, che peraltro a suo tempo ha avuto un ottimo successo editoriale, arrivando nelle librerie come best seller tra i più venduti. Certo il libro della Mastrocola non rappresenta il vangelo in terra, anche perché per le questioni scolastiche come l’insegnamento, l’apprendimento, i saperi, la valutazione, non esistono ricette facili. La scuola non è come negli uffici postali, dove si smistano buste, pacchi, etc, a scuola si “lavora” sui cervelli dei giovani, si costruisce il futuro della nostra società.

Ma a costo di passare per un fissato, credo che il libro della Mastrocola, che ho letto e sottolineato con passione, come faccio abitualmente con tutti i libri, può essere una buona base di partenza per intraprendere una seria riforma della scuola. Anche se occorre aggiungere che “non possono essere solo le leggi, le architetture scolastiche istituzionali più o meno complesse, le riforme a salvare i nostri bambini dalla pessima scuola(…). La questione è anzitutto di mentalità e di cultura. Ricreare una cultura della ragione e della fede, umana e cristiana, è dunque il compito più urgente per far fronte all’emergenza educativa”. (Massimo Introvigne, prefazione al libro di Enrico Demme, A scuola dall’Anticristo. Il disastro educativo nella primaria di Stato”, Nicola Pallotta Editore, Matera, 2008)

Il testo della Mastrocola critica il pensiero scolastico genericamente progressista ma che diventafacilmente totalitario, presente nella scuola italiana,che a sua volta diventa, un muro difficile da scalfire. I capisaldi di questo pensiero totalitario sono: 1 la scuola non deve insegnare nozioni; 2 la scuola deve motivare allo studio (possibilmente divertendo); 3la scuola deve far andare avanti tutti senza selezionare; 4 la scuola deve essere utile, e servire essenzialmente a trovare lavoro. A questo punto la professoressa torinese se la prende con gli adulti, con le famiglie di oggi che hanno accettato che la scuola non sia più severa, intransigente ed esigente. Se la scuola dà meno compiti, se dà poche insufficienze, e se poi li recupera con appositi corsi di recupero, va benissimo: la famiglia così ha più agio di andare in montagna e al mare, fare viaggi, etc. Se la scuola fa meno studiare e più giocare”, va bene.

Del resto viviamo in una società degli adulti che ha inteso la vita come un divertimento-intrattenimento, uno svago perenne, con ricerca spasmodica del successo e della felicità, pertanto la scuola non poteva certo rimanere una faccenda seria, barbosa ed esigente, in cui per esempio si dovesse studiare molto”. Certo se un padre mette la sveglia alle tre per andare a prendere la figlia in discoteca, cosa pensate che possa fare la scuola? E così quando i figli non studiano la colpa è sempre degli insegnanti che non li sanno motivare.

Dopo le famiglie la Mastrocola critica l’Europa, in particolare i ministeri dell’istruzione che sembrano dei labirinti, come il nostro, abitato da oscuri e latenti minotauri(…)invisibili, imprendibili tecnocrati, signori delle nuove tecnologie e delle strategie pedagogiche, sono loro che attualmente ci governano”. Sono dei minotauri occulti, che abitano i ministeri di tutta l’Europa. E proprio dal Parlamento Europeo, che partono le direttive della “scuola delle competenze”, che si contrappone a quella antica “delle conoscenze”, dei programmi, delle cose da studiare e da sapere: le guerre, le poesie, il corpo umano etc. Cose che bisognava insegnare e poi si pretendeva che si sapessero, senza chiedersi per quale motivo. Adesso invece c’è la scuola nuova, “delle competenze”. Contano le cose solo se sono utilizzabili spendibili. Scrive la Mastrocola: “Importa non il sapere, ma il saper fare. Quello che conta è, parola magica: quella mirabile arte del saper apprendere all’infinito. Per la Mastrocola, il sapere tout court non importa più a nessuno, viene rincorso all’infinito, ma mai raggiunto. Misuriamo non quello che si sa, ma le competenze. Il saper fare e il saper imparare, i metodi e non i contenuti; le capacità verificabili: manuali, tecniche, linguistiche, psicologiche, attitudinali, civiche, sociali…

Una volta si faceva studiare Dante anche ai futuri ragionieri e geometri. “Non ci si chiedeva quale spendibilità avesse per il loro lavoro futuro, non ci si chiedeva in quale modo il canto di Paolo e Francesca avrebbe potuto tramutarsi nella competenza di disegnare il progetto di un condominio o controllare i conti e le fatture di una ditta”. Non ce lo si chiedeva, ma si sapeva che per qualche ragione oscura, Dante sarebbe servito anche al ragioniere e al geometra.

In pratica la Mastrocola biasima quel sistema delle competenze che apparteneva all’ambito militare, era il sistema di valutare, durante la 2 guerra mondiale, nelle Forze britanniche e statunitensi, in pratica una “teoria di quasi sessant’anni fa, che per giunta il suo autore stesso aveva criticato quarant’anni fa (1971), dicendosi sorpreso che avessero preso sul serio, e mitizzato, il suo piccolo manuale!”

Lo sanno la maggior parte degli insegnanti che operano nella scuola? Sono concetti che abbiamo scimmiottato da ambiti diversi della scuola, li stiamo estendendo al nostro sistema di istruzione, passandoli come novità e modernizzazione di una scuola antiquata. 

Sostanzialmente è il miglior concentrato teorico del Pensiero Scolastico Nuovo che oggi abita le menti di chi ci governa, chiunque sia, di qualunque Paese sia e di qualunque colore politico. Secondo questo pensiero, gli insegnanti dovrebbero occuparsi di trasmettere meno sapere e occuparsi di più della crescita dei propri alunni. Per la Mastrocola è un messaggio agghiacciante. Si sta dicendo che trasmettere il sapere NON E’ occuparsi della crescita dei giovani! Che sono due cose diverse: quindi, che se insegno Dante (che è sapere, no?) non mi sto occupando di fare crescere i miei allievi! Ma ci siamo bevuti il cervello, in Europa?”

Intanto, secondo questi ragionamenti, un insegnante si giudica non da come e cosa insegna, ma da quanto ama l’allievo. L’insegnante migliore è una specie di psicologo-mamma-assistente sociale e non uno che magari ama Dante. In questa nuova scuola, è evidente un attacco alle discipline umanistiche del sapere, perché sono inutili e inapplicabili. Inservibili ai lavoratori del futuro. Del resto oggi il mondo è cambiato, quindi bisogna smettere di impartire nozioni. 

Il 3 mostro che la Mastrocola critica è il web, il nuovo mondo tecnologico, così il cerchio quarantennale di distruzione dello studio, si chiude. Un mostro che sta facendo male alla nostra scuola e non solo. “Quando apprendo – scrive la Mastrocola – che nel marzo 2010 è nata a Londra la prima clinica specializzata nella disintossicazione della mente infantile dalla dipendenza da internet e videogiochi e in particolare dal ‘morbo di facebook'”, allora c’è da preoccuparsi.

Forse la Mastrocola esagera un po’, ma essere sempre connessi, significa che si è dipendenti. “Penso che stiamo prendendo un abbaglio: crediamo che le nuove tecnologie ci cambieranno la vita, il cervello e l’identità; invece forse, se usati con moderazione, sono soltanto utili e innovativi strumenti che ci permetteranno di essere meglio quello che siamo e ci faciliteranno la vita che abbiamo”.

Del resto quando è stata inventata l’automobile, non ci siamo messi dentro per tutta la giornata, lucidando il cruscotto e per tutto il giorno a viaggiare col nuovo strumento. “Ha solo migliorato i trasporti. Ha solo cambiato, in meglio, il nostro modo di muoverci… “ La stessa cosa dovrebbe essere per internet, adesso perché c’è internet non vuol dire che smetteremo di pensare e di studiare. Certo è una grandiosa novità, scoperta, progresso, che la prof non demonizza, lo considera solo uno strumento utile, per comunicare più velocemente.

L’uso di internet, secondo la Mastrocola, dovrebbe essere utile per chi ha già una buona dose di conoscenze, uno che è digiuno naviga a vuoto. Può proficuamente navigare, per la Mastrocola, chi possiede già una sua personale dispensa di nozioni, chi ha letto libri, conosce l’esistenza di certi autori, e personaggi, e fatti, e idee”. E così chi si trova in questo contesto, naviga tra le sue conoscenze, e il mezzo di internet, gli rende molto più agevole ritrovare”. Pertanto internet, serve per ri-trovare non per trovare.

Dunque niente sacralizzazione del pc, del resto, gli americani da tempo, hanno superato questo aspetto. Diversi studiosi ci mettono in guardia dalle “illusioni delle cosiddette “didattiche democratiche”, dalle riforme “progressiste” fondate sui miti dell’autonomia e del territorio, dal “mammismo pedagogico” e dal trionfo tecnologico dell’informatica e della digitalità”.

In conclusione la Mastrocola espone la sua ricetta, forse utopica, che chiama “delle tre scuole”, dove l’alunno deve essere libero di scegliere. Occorre ritornare a parlare di “arti”, di “mestieri”. Ma come desiderare che il proprio figlio “faccia il coltivatore di alberi!”. Ecco secondo la Mastrocola, i giovani devono avere la possibilità di scegliere se andare a scuola o no. Lo studio non si può imporre a tutti.

Allora ecco le tre scuole della Mastrocola: 1 scuola del lavoro; 2 scuola per la comunicazione; 3 scuola per lo studio. Attenzione la prima scuola, quella del lavoro, secondo la prof torinese non deve assomigliare alla scuola professionale e tecnica di oggi, dove resta riservata spesso soltanto per la popolazione svantaggiata, “deve diventare appetibile e fascinosa anche per le classi medio-alte, essere competitiva, alzare il livello culturale (…)” Per la Mastrocola, “le professioni manuali e tecniche devono essere considerate alla pari delle professioni più teoriche-speculative. Diventare artigiani del legno o del ferro, elettricisti, pasticcieri, mastri cioccolatai, affrescatori di stanze deve costituire un’alternativa concorrenziali al diventare medici, avvocati, ingegneri”.

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