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lunedì, Novembre 25, 2024
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Per superare le polemiche sterili la chiesa invita ad un nuovo annuncio

Mentre in queste settimane all’interno della Chiesa ci si divide in lotte intestine pro e contro Papa Bergoglio, io semplice fedele mi permetto di consigliare la lettura di qualche saggio che ricordi quale sia in questo momento storico l’unica cosa da fare da parte dei credenti, dei cristiani, dei cattolici. Del resto, lo ricorda lo stesso papa Francesco nella sua esortazione apostolica, “Evangelii Gaudium”, l’unica cosa da fare è impegnarsi nell’annuncio del Vangelo. “(…) E’ il compito che ci preme in qualunque epoca e luogo, perché ‘ non vi può essere vera evangelizzazione senza l’esplicita proclamazione che Gesù è il Signore’, e senza che vi sia un ‘primato della proclamazione di Gesù Cristo in ogni attività di evangelizzazione. Papa Bergoglio, in pratica, riprende le parole di San Giovanni Paolo II, che in un discorso esortava i vescovi asiatici ad intraprendere una nuova evangelizzazione, che è una priorità assoluta che vale per tutti.

Infatti a lanciare l’idea della nuova evangelizzazione è stato papa Wojtyla e poi ripresa dal papa emerito Benedetto XVI, che peraltro il 29 marzo di quattro anni fa ha istituito un dicastero per la promozione della nuova evangelizzazione, affidando la presidenza a monsignor Rino Fisichella, che in un libro racconta questa “grande sfida”. Ed eccoci al consiglio, in questi giorni mi è capitato di leggere, il libro di Fisichella, La nuova evangelizzazione. Una sfida per uscire dall’indifferenza”, Mondadori (2011).

Monsignore Fisichella ha passato la sua vita a studiare, a scrivere e a insegnare su come presentare il cristianesimo all’uomo di oggi, è uno dei più importanti teologi a livello internazionale, ha pubblicato e curato più di trenta volumi.

Ma perché la fede cristiana ha bisogno di un nuova evangelizzazione, cioè di un nuovo annuncio? Che cosa è mutato nel mondo, perché si renda necessaria una simile impresa? In questo volumetto monsignore Fisichella traccia con chiarezza le linee portanti del nuovo annuncio. E proprio per evitare il rischio che la “nuova evangelizzazione”, appaia una formula astratta, occorre evidenziarne i contenuti e gli ambiti. “Il contenuto principale, facendo propria l’affermazione biblica, è ‘Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre’; i suoi luoghi più immediati sono la catechesi, la liturgia, la carità, l’ecumenismo, l’immigrazione, la comunicazione”.

Naturalmente non possiamo dimenticare che nelle nostre società ormai si è delineato quel fenomeno del distacco tra la fede e la cultura e dove ormai “Dio si è ecclissato”, in pratica, l’uomo, “ha perso la sua centralità, con la conseguenza che l’uomo stesso ha perso il proprio posto all’interno del creato e della società”. Monsignor Fisichella invita innanzitutto a capire il momento storico che stiamo attraversando, che per certi versi assomiglia al IV secolo dopo Cristo, quando “la comunità cristiana, guidata da vescovi intelligenti, coraggiosi e saggi, seppe traghettare il passaggio tra la crisi dell’impero romano e il sorgere della cultura cristiana”. Peraltro per monsignor Fisichella il nostro secolo assomiglia ad un altro periodo storico: “all’alba dell’umanesimo e del rinascimento, quando papi lungimiranti intravidero la genialità di Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Tasso…e spalancarono loro le porte per permettere anche a noi di godere dei tesori di arte che realizzarono non senza enormi sacrifici”. Tuttavia quello che attraversiamo è un momento di transizione, almeno sembra, e la Chiesa ha una grande responsabilità, avendo duemila anni di storia, con un grande patrimonio vivo di cultura e di contenuti valoriali, che non possono cadere nell’oblio. Dunque la Chiesa deve essere protagonista nell’edificazione di un futuro migliore e più umano, lasciarla ai margini sarebbe molto grave. Infatti, come abbiamo visto, “non sarebbe la prima volta – per monsignor Fisichella – che la Chiesa si assume questo compito. La nostra storia mostra con evidenza il ruolo che essa ha saputo svolgere nei momenti di crisi culturale e di passaggio epocale”. A proposito dell’apporto dei cristiani per uscire dalla crisi profonda, che peraltro non è solo economica, ma anche antropologica, che sta attraversando il mondo occidentale, monsignor Fisichella cita il primo fondatore di una scuola cristiana a Roma, il martire Giustino, che rivolgendosi all’imperatore Antonino Pio, scriveva: “ Più di tutti gli uomini noi vi siamo utili e alleati per la pace”. Secoli più tardi il laico Alexis de Tocqueville, riferendosi all’America, scriveva che era “un errore considerare la religione cattolica come un nemico naturale della democrazia”.

Dunque, l’istituzione del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, ha radici ben profonde, e il libro di Fisichella, li evidenzia. A cominciare dal Concilio Ecumenico Vaticano II, basta andare a rileggere le parole di San Giovanni XXIII per verificare queste finalità. Bisogna guardare all’uomo contemporaneo nel suo mutato rapporto con Dio, per ritrovare le forme adeguate in grado di fargli intendere il Vangelo. Papa Roncalli nel suo discorso programmatico del Concilio, si esprime così: “Occorre che la stessa dottrina sia esaminata più largamente e più a fondo e gli animi ne siano più pienamente imbevuti e informati, come auspicano ardentemente tutti i sinceri fautori della verità cristiana, cattolica, apostolica; occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa eccezione”. In buona sostanza tutti i documenti del Vaticano II, dalla Lumen Gentium, alla Dei Verbum, non fanno altro che esprimere la stessa idea di fondo: “esercitare la missione principale e prioritaria dell’annuncio del Vangelo in modo rinnovato ed efficace”.

Poi a dieci anni dalla chiusura del Concilio ci pensa Paolo VI a ribadire e rafforzare queste tesi, pubblicando l’importantissima e sempre attuale, esortazione apostolica, “Evangelii nuntiandi”, i cui obiettivi si riassumono in uno solo: “rendere la Chiesa del XX secolo sempre più idonea ad annunziare il Vangelo all’umanità del XX secolo…è assolutamente necessario metterci di fronte ad un patrimonio di fede che la Chiesa ha il dovere di preservare nella sua purezza intangibile, ma anche di presentare agli uomini del nostro tempo, per quanto possibile, in modo comprensibile e persuasivo”(n. 2-3) Anche per Paolo VI la preoccupazione è sempre quella del “come evangelizzare”, nelle varie circostanze di tempo, di luogo, di cultura. Ma è importante che gli evangelizzatori devono crescere in santità e nonostante ci siano innumerevoli segni di rifiuto di Dio, “il mondo, – scrive il beato Paolo VI – esige e si aspetta da noi semplicità di vita, spirito di preghiera, carità verso tutti e specialmente verso i piccoli e i poveri, ubbidienza e umiltà, distacco da noi stessi e rinuncia. Senza questo contrassegno di santità, la nostra parola difficilmente si aprirà la strada del cuore dell’uomo del nostro tempo, ma rischia di essere vana e infeconda”. Pertanto il progetto della nuova evangelizzazione lega gli ultimi papi in uno speciale filo rosso. Mi piace concludere questo intervento con le parole di monsignore Fisichella, “noi siamo cattolici, cioè aperti a tutti e desiderosi di affiancarci a ognuno per offrire la compagnia della fede. Noi desideriamo parlare con tutti, anche se sappiamo che non tutti vogliono dialogare con noi. Siamo stati invitati a bussare a ogni porta, anche se sappiamo che molte rimangono sbarrate(…) Noi non vogliamo imporre, ma solo proporre(…) comunque, se qualcuno pensasse di costruire una società senza di noi resterà deluso, perché il progetto non decollerà (…)”.

Il testo di Fisichella mi sembra un inno alla grande forza che è e che è stato il Cristianesimo per l’Europa. Solo ri-conoscendo questa forza riusciremo ad uscire dal tunnel in cui è immerso l’uomo contemporaneo occidentale.

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