Ero presente nel giugno del 2013 quando nella sede di Alleanza Cattolica è stata lanciata la campagna di contrasto alla legge sull’omofobia (legge Scalfarotto), con il manifesto dei “cinque punti fermi”. In un anno, non ho perso nessuna delle cinque veglie delle “Sentinelle in piedi” nelle piazze di Milano. In particolare nell’ultima veglia di domenica scorsa ho superato due tentazioni, quella del disimpegno e poi per giunta quella della provocazione. Per quanto riguarda la prima, ho dovuto vedermela con me stesso, superando le sirene del “chi te lo fa fare”. Del resto ormai sono più di quarant’anni che lotto per la Famiglia come Nostro Signore l’ha voluta. Per la seconda, sono rimasto impassibile di fronte agli slogan violenti e beceri dei manifestanti Lgbt che sono venuti in piazza XXV Aprile a disturbare la nostra silenziosa manifestazione. Trovo assurdo che in tempi di forte crisi economica, ci sono ancora questi pezzi sparsi dell’ideologia sinistrosa dei cosiddetti diritti che hanno tutta questa forza di scendere in piazza e cercare di impedire ad altri di manifestare. Tra l’altro, conosco amici che evitano di venire alle veglie proprio perché non sopportano le eventuali provocazioni come quelle di domenica scorsa.
Per la prima volta domenica, 5 ottobre, “Le Sentinelle in Piedi” hanno manifestato contemporaneamente in circa 100 piazze d’Italia, “contro il ddl sull’omofobia che vuole toglierci la libertà di espressione – trascrivo le parole del volantino di presentazione – Con questo testo vogliono impedirci, per esempio, dissentire dal progetto di legge sulle unioni civili che il Governo sta preparando e che mira a equiparare le unioni tra persone dello stesso sesso al matrimonio. Intanto la Magistratura a colpi di sentenze introduce le adozioni da parte di coppie omosessuali. Pertanto continua il volantino: “Vogliamo essere liberi di dire No! Unisciti a Noi! Si veglia in silenzio, leggendo un libro, per la libertà di espressione e per essere liberi di affermare 1 che il matrimonio è soltanto tra un uomo e una donna. 2 che il bambino ha il diritto di avere una mamma e un papà e 3 che la famiglia ha il diritto di educare liberamente i propri figli”.
Qui a Milano i manifestanti, si sono limitati a fare un girotondo e a lanciare slogan, forse perché eravamo circa cinquecento, in altre piazze come a Bologna, Torino, Napoli e soprattutto a Rovereto, hanno assalito con calci e pugni le persone, compresi i bambini, che silenziosamente manifestavano leggendo un libro. “Non ho mai visto tanto odio attorno a me”, ha detto una giovane docente universitaria a Bologna. Tanto odio. Negli atteggiamenti, nei gesti e soprattutto in quel terribile gridare o vociare che cercava di eliminare il silenzio.
“Il silenzio delle sentinelle non è assenza di argomenti, – scrive Marianna Orlandi in una lettera al giornale online LaNuovaBQ.it – non è rifiuto di dialogo, non è frutto di superbia, di volontà di scontro, di atteggiamento antidemocratico o “fascista”. Le Sentinelle sono persone che tutti i giorni lottano “a voce” per questi temi. In prima linea, mettendoci la faccia. Scrittori, giornalisti, professori, medici, insegnanti e semplici utenti della rete che ogni giorno pubblicano notizie, articoli, dati scientifici che dimostrano l’assoluta dittatura di pensiero nella quale oggi siamo costretti a vivere”.
Peraltro le nostre tesi confermano quel che da duecento anni la psicologia difende. In pratica secondo questa gente i neurologi, biologi, immunologi e psicanalisti non possono più difendere la necessità della famiglia naturale, la sua bontà ai fini della crescita, dello sviluppo della personalità, della salute – fisica e mentale – degli uomini.
Ma oggi a tutto ciò si aggiunge che chiunque tenti di difendere i diritti propri e dei più deboli, che chiunque tenti di non sovvertire un ordine realmente naturale, foriero di bene per tutti, sia zittito prima ancora d’aprire bocca e accusato di atti criminali.
In pratica questi signori ululanti, per lo più appartenenti alla galassia della sinistra estrema, di fronte ai nostri argomenti spesso di buon senso, e dell’ovvio, non sanno fare altro che rispondere con la violenza cieca, simile a quella dei formidabili anni del 68.
Tuttavia, credo che bisogna sottolineare il generale autocontrollo di tutti i partecipanti alle varie veglie delle sentinelle di domenica scorsa. Ricordo che le Sentinelle, peraltro, sono una rete aconfessionale e apartitica che mette in atto il metodo pacifico di Papa Francesco, cioè quello di non puntare il dito, di non condannare, di non guardare gli altri come nemici, ma piuttosto come persone bisognose di essere aiutate a vivere meglio. Anche se chi abbraccia l’ideologia gay difficilmente vuole essere aiutato. A questo proposito, tempo fa ascoltando “Radio anch’io”, una militante gay si era offesa perché la Chiesa gli elargiva la compassione.
In conclusione. la giornata di domenica 5 ottobre ha reso evidente che cosa potrebbe accadere se una legge sull’omofobia fosse approvata in Italia. Probabilmente il numero di violenze sugli omosessuali in quanto tali – in Italia, per altro, fortunatamente basso – rimarrebbe lo stesso, ma la polizia invece di tutelare il nostro diritto a manifestare avrebbe dovuto disperderci.
“Bisogna prendere atto che, sotto la facciata di tolleranza e libertà, si sta imponendo una forma di pensiero unico, – scrive Daniela Bovolenta – dalla quale è sempre più difficile dissentire: una dittatura dei “diritti” che non tiene conto né del diritto a pensarla diversamente, né di quello a esprimere critiche argomentate. Basta usare un vecchio trucco, in vigore fin dalle assemblee studentesche degli anni ’70: l’impraticabilità politica di chi non ci piace. Allora bastava dire che una persona o un gruppo di persone erano fascisti e veniva negato loro ogni diritto di parola, venivano resi politicamente impraticabili. “Fascista” era un’etichetta vaga, andava bene per gli appartenenti all’estrema destra, ma anche alla destra moderata, certamente per i cattolici, fino ad includere parte della sinistra moderata. “Fascista” era l’anatema che non permetteva di esprimere un’opinione, di insegnare dalla propria cattedra, di circolare per strada senza pericolo”.
Domenica scorsa la parola è stata riutilizzata, anche se, scrive la Bovolenta, “forse affiancata, da una parola di potenza ancora maggiore, ancora più delegittimante, ancora più infamante: “omofobi”. Omofobi non solo se si odiano patologicamente le persone omosessuali, omofobi se si sostiene che il matrimonio sia solo tra un uomo e una donna, omofobi se si hanno delle riserve sulle adozioni omosessuali, omofobi se non si aderisce all’ideologia del gender, omofobi persino se si legge la Bibbia o Dante, ormai”. (Daniela Bovolenta, Io, Sentinella, aggredita da squadristi gay, 7.10.14, LaNuovaBQ.it).
Forse sarebbe il momento, per chi finora ha fatto finta di niente, di alzare gli occhi, di guardare in faccia le due parti che si sono contese le piazze domenica scorsa, e di decidere se davvero non li riguarda per nulla, se credono di poter stare tranquilli e al sicuro, non riconoscendo il momento in cui la prevaricazione diventa sistema e normalità. “Dovrebbe essere chiaro a tutti, – scrive Monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio – soprattutto a quelli che si dicono cristiani, che l’ignavia non è una virtù e che il silenzio non è il modo con cui il Signore Gesù Cristo ha vissuto la sua presenza e la sua missione fino alla sua Passione, Morte e Resurrezione. Abbiamo lì, in Cristo, e nella vita concreta reale della Chiesa il punto di riferimento ideale e pratico cui conformare la nostra azione. Se non vorremo comparire poi davanti al tribunale della storia, che in fondo è l’aspetto del tribunale di Dio, come coloro che di fronte alla perdita di libertà, della libertà del nostro paese, hanno guardato da un’altra parte”.