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mercoledì, Ottobre 23, 2024
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Un altro caso a Furci. Chiamato il 118 non risponde. Questa volta i familiari si sono rivolti al 112 dei carabinieri. Salvo.

Furci Siculo –  Nella chiesa Madonna del Rosario si sono  svolti i funerali di Carmelo Giannetto, dopo di che la salma è stata accompagnata al cimitero. Da qui la macchina mortuaria, scortata dai carabinieri, è partita alla volta dell’ospedale Policlinico di Messina, per l’autopsia nel reparto di medicina legale.

Domani, inoltre, la Procura di Messina interrogherà Carmelo Andronico, cognato di Carmelo Giannetto, che ha vissuto l’odissea con il 118, il Pte di S.Teresa ed i carabinieri.

Oggi a Furci si è verificato un altro caso, uguale (ma con miglior fortuna) di quello capitato al compianto Carmelo Giannetto. Un anziano è stato colto da un attacco di forte tachicardia. Stava male,  il cuore stava scoppiando, gli occhi stravolti. E’ stato fatto più volte il 118, ma nessuno rispondeva. Il dottore che lo stava  curando aveva letto l’articolo sulla Gazzetta del Sud, dove c’era scritto che se il 118 non rispondere chiamare il 112, i carabinieri. E così ha fatto. Dopo dieci minuti è arrivata l’autoambulanza del 118 scortata da una gazzella dei carabinieri. E’ dovuto morire Giannetto per scoprire certe cose?

Ai funerali di Carmelo Giannetto,  nella chiesa Madonna del Rosario, mons. Giò Tavilla ha tenuto la seguente omelia:

 

“Cari fratelli e care sorelle,

radunati dalla fede in Cristo Gesù morto e risorto;

cara Graziella, cari Orazio, Walter e Gianluca, cara signora Nina e cari Salvatore e Alessandro, tutti intimamente legati al nostro fratello Carmelo, per voi sposo, padre, figlio e fratello,

 

siamo qui familiari, fedeli della nostra comunità, le autorità locali, i colleghi agenti tecnici esattori, in particolare in servizio al casello di Roccalumera, per presentare al Signore il nostro fratello Carmelo, con l’amore del vostro cuore e con la preghiera di tutti noi, profondamente colpiti dalla sua prematura morte.

Nel recarmi ieri a benedire la salma, custodita nella chiesa di S. Antonio, ho sentito di rivolgere con semplicità poche parole, affermando che questo è il tempo del silenzio. è rimasto impresso dinanzi ai miei occhi il vedere la moglie Graziella profondamente provata, senza quasi dire una parola. Così anche l’abbraccio con il fratello Salvatore… ma mi ha scosso il volto dei figli di Carmelo, in particolare di Walter, il quale non smetteva di fissare la cassa contenenti le spoglie mortali del papà. Non vi nascondo di essermi sentito piccolo, davvero piccolo di fronte a tanto dolore. Mi sono seduto e ho pregato insieme a quanti erano in chiesa… ma non riuscivo a non fissare lo sguardo attonito di Walter inchiodato su questa bara, visibilmente imprigionato dal dolore e dai tanti perché!

Mi sono domandato da sacerdote: cosa posso dire a questi miei fratelli che la bontà di Dio ha affidato al mio cuore di pastore? Continuo a domandarmelo ancora!

Vorrei dirvi che Dio è amore, e – credetemi – lo è veramente! ma le fitte tenebre del dolore in questo momento forse vi fanno dubitare. Vorrei dirvi con la forza della fede che Lui è Padre, e – credetemi – lo è veramente! Ma voi figli, in preda al dolore, potreste rispondere che questo Padre ha portato via il vostro papà.

è vero, la sofferenza non ci fa guardare lontano e neanche in alto, verso il cielo, perché sembra che tutto sia finito, che il mondo vi crolli addosso e forse ora non volete sentire parlare né di fede, né di Dio, né udire parole di consolazione, perché siete distrutti. A questo si unisce lo sconcerto delle notizie diffuse, che hanno fatto il giro della nostra Furci e, spero, incontrino la disapprovazione e la forte denuncia di tanti e tanti altri per la presunta malasanità che ha visto il tragico disservizio dell’intervento del 118 che ha contribuito a sentirvi strappato dal vostro affetto il papà-amico, lo sposo, il figlio, il fratello, l’amico Carmelo. Se questo è stato concausa determinante della morte del vostro congiunto, vorrei anch’io parroco mettermi accanto a voi e gridare: vergogna! …ed esprimere tutta l’indignazione di uomo e cittadino che ama la sua terra e la sua gente e si trova costretto a vedere deturpato il volto dell’uomo del dolore perché ha una dignità inferiore ad un regolamento… Non siamo numeri, siamo persone! Vite da amare e da salvare che brillano per la sacralità di una dignità che la cieca burocrazia non può schiacciare, soprattutto chi professa il sacro giuramento medico di salvare una vita! Ma, miei cari, neanche questo potrebbe restituirvi il vostro Carmelo. Certo, giustizia sì, ma la vita fisica di Carmelo purtroppo no!

E allora? E allora, cari familiari e cari fratelli qui presenti, lasciate che vi parli della speranza cristiana, di quella speranza che Cristo ha seminato nel cuore dell’uomo e che è la sola che può riempirlo di pace. Permettetemi – pur rispettando il vostro dolore – di ricordarvi che Cristo è morto, ma è risorto affinché nessuno più potesse essere prigioniero della morte. La speranza ci fa vedere con occhi nuovi e ci ricorda che la morte non è l’ultima parola e che se il nostro fratello Carmelo si è addormentato non è mai per un addio, ma per un arrivederci. Sì, perché va ad occupare il posto per lui pensato dall’amore di Dio in attesa di incontrarci e vivere insieme per l’eternità. Con cuore sacerdotale vorrei che credeste che la speranza che Cristo ci dona ci fa capire che l’amore non può essere vinto dalla morte, anzi è un guardare anche dopo di noi e continuare a ritrovarci mano nella mano per sempre.

Isaia, profeta di speranza, ce lo ha detto nella Parola che abbiamo ascoltato pocanzi. Il Signore preparerà un banchetto… eliminerà la morte per sempre… asciugherà le lacrime su ogni volto. Si dirà in quel giorno: in lui abbiamo sperato perché ci salvasse.

Ecco, miei cari, il nostro fratello Carmelo viene abbracciato da Dio e in questo momento raggiunge la vita piena e la sua salvezza. Qualcuno potrebbe domandare: e noi? E noi… custodiamo nel cuore l’amore per lui e – innanzitutto per voi cari familiari – la certezza di sentire l’amore suo per voi, che non cessa, anzi si fa più forte perché ora egli si trova accanto al Signore. Legato alla famiglia e al suo lavoro, attento alle situazioni della vita e soprattutto di coloro che vivevano attorno a lui. Umile, filosofo della vita, mosso da ironia e da autoironia, fortemente animato da senso di giustizia, legato così profondamente ai suoi figli, tanto da camminare e crescere accanto a loro con il cuore dell’amico, sollecitando sorrisi e insegnando a vivere la vita. Era voluto bene tanto da essere ritenuto amico di tutti e il rapporto con i figli era il rapporto che si ha con l’amico… ma, lo sappiamo: quando si ama sul serio, si ama per sempre!

L’esortazione del Vangelo accogliamola come una consegna per tutti noi, in particolare per i tanti giovani presenti che vi stringete ad Orazio, Walter e Gianluca e per quanti pensano o non sanno pensare a Dio con l’amore del cuore. Non sappiamo quando il Signore verrà a bussare alla nostra porta, sappiamo però che ci guarderà e ci leggerà nel cuore. Saremo pronti? Siate pronti con la cintura ai fianchi e le lampade accese, siate simili a coloro che aspettano il padrone per aprirgli appena arriva e bussa. Beati quelli che troverà svegli, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.

Viviamo un po’ più di Dio e lasciamoci condurre da Lui. E nell’intima unione con il Signore, siamone certi, incontreremo i nostri cari che vivono in cielo, continuando a sperimentare il calore del loro amore. Da lassù continua ad essere così come Orazio, Walter e Gianluca lo ricordano: il migliore amico degli amici.

Signore, Padre di misericordia e Dio di ogni consolazione, volgi il tuo sguardo su di noi. Dona la tua pace al nostro cuore e il riposo eterno al nostro fratello Carmelo.”. 

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