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domenica, Novembre 24, 2024
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L’ANIMA del GATTOPARDO di Annarita Zambrano

Taormina. Molto ricca di spunti ed elementi di dibattito la sezione pomeridiana “Filmmaker in Sicilia”. Anche ieri, una proiezione molto affollata quella di “L’Anima del Gattopardo” di Annarita Zambrano con dibattito conclusivo in sala, presente la regista e con moderatore Fabio Ferzetti, responsabile cinema de “Il Messaggero”. Il film, realizzato con l’aiuto di Rai Cinema e grazie al contributo dal ministero per il suo valore culturale, è stato realizzato da una giovane siciliana, la Zambrano, che ha studiato cinematografia a Roma ma che per potersi affermare si è dovuta stabilire a Parigi ed ha già, nonostante la giovane età, ben nove cortometraggi al suo attivo. Un altro caso della classica “fuga di cervelli” dall’Italia. “L’Anima del Gattopardo” è una disamina sulle contraddizioni del popolo siciliano, sul gattopardismo che ormai è diventato un neologismo grazie all’intuizione di Tomasi di Lampedusa, sui paradossi e dicotomie che allontanano le persone delle varie classi sociali ma che poi per incanto le uniscono. Nella carrellata dei personaggi protagonisti della pellicola ad esempio c’è la Baronessa di Friggintini. Ella vive a Noto. Una parte del suo immenso palazzo è stato a suo tempo requisito dallo Stato e adesso è vuoto, ci volano e ci muoiono i piccioni; l’altra metà dove lei vive col marito è stato restaurato coi soldi (cinque milioni di euro) della Comunità Europea. Si fa chiamare Agatina per venire incontro alla gente ed al contempo rinuncia al cognome, la cosa più diretta che poteva ostentare e ricondurre alla nobiltà a cui in effetti tiene moltissimo. Critica la borghesia e le inefficienze dei politici di oggi e dimentica delle sopraffazioni dell’aristocrazia di un tempo verso la povera gente. Incoraggia alla sicilianità ma la sua migliore amica è la moglie di un industriale veneto venuto a comprare innumerevoli vitigni in Sicilia. La baronessa è la figura centrale del film ma attorno ad essa ruotano vari personaggi, giovani imprenditori con idee diverse l’uno dall’altro su come fare business, il sindaco Sindoni di Capo d’Orlando che rompe a martellate la targa che ricorda Garibaldi sostituendola con un’altra che invece rammenta di una locale insurrezione popolare etc.. Ne emerge una rabbia che è comunque diffusa in tutte le classi sociali: il popolo siciliano, forse perché dominato da tutti nei vari secoli, oggi conserva quella diffidenza, quella paura di essere fregato e punta solo al proprio orticello. Manca quel senso civico presente ad esempio in Francia, quando durante le manifestazioni scendono in strade tre-quattro generazioni della stessa famiglia. E poi lo stridente contrasto tra una cultura, una intelligenza, una ricchezza di territorio che si scontra con l’incapacità dell’elettorato siciliano di esprimere un voto che stia dalla propria parte (servilismo), anziché battere i pugni per i propri diritti. E allora non cambierà mai niente in Sicilia? Occorre sempre guardare alla Storia o concentrarsi solo sul futuro? La regista non offre una soluzione ma pone interrogativi. Forse bisogna rifugiarsi nelle parole di un grande come Salvatore Sciascia, che diceva che pur essendo consapevoli che non cambierà mai nulla, far finta di niente ed operare infischiandosene di questa convinzione. Quanto all’occhio teso alla nostra storia ci viene in soccorso Giambattista Vico quando ci ricorda che siamo nani che viviamo sulle spalle dei giganti, non si può comprendere il presente se non si conosce il passato. Meravigliose le immagini di repertorio sulla vittoria a Cannes del film di Visconti e su una splendida e giovane Claudia Cardinale.

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