SANTA TERESA DI RIVA. Le condizioni precarie della pavimentazione della piazza San Vito e la situazione di pericolo dell’ex chiesa angustiano la comunità di Misserio, la popolosa frazione a monte di Santa Teresa di Riva che reclama attenzione. Cominciano dalla petizione promossa dal già consigliere comunale Vittorio Chillemi e firmata anche dall’attuale vicepresidente del consiglio Santino Veri. Circa 50 cittadini residenti nella frazione hanno chiesto all’Amministrazione comunale la sistemazione di piazza S. Vito, dove la pavimentazione è in condizioni molto precarie. La petizione è stata promossa dall’ex consigliere comunale Vittorio Chillemi, in qualità di referente del movimento popolare spontaneo “Rialzati S. Teresa”, e dal vicepresidente del Consiglio comunale Santino Veri (gruppo consiliare di Città Libera). I firmatari evidenziano la “stato di disagio della pavimentazione in piazza S. Vito di Misserio”. “Ormai da diversi mesi – spiegano in una nota – il pavimento in molti punti è deformato e dissestato e ciò crea un serio pericolo per la pubblica incolumità”. Una situazione che presenta pericoli non sono per gli automobilisti ma soprattutto per anziani che quotidianamente attraversano la piazza o per i bambini che vi giocano. “Trattandosi di un problema molto serio ma di facile soluzione”, i firmatari invitano l’Amministrazione comunale “a provvedere il più presto possibile al fine di evitare qualche infortunio anche di grave entità”. Per quando riguarda l’ex chiesa di contrada Padano la situazione è divenuta paradossale. Dal prospetto continuano a staccarsi calcinacci (l’ultimo, un grosso pezzo, è caduto due mesi fa, come ci segnala Vittorio Chillemi, e rimosso da un automobilista in transito) mentre il problema sembra essere finito nell’oblio, nonostante ci sia una ordinanzadi demolizione a carico della parrocchia che fino ad oggi non è stataeseguita. Sul finire della gestione Morabito la curia, viste le precarie condizioni dell’edificio, si decise a donarlo gratuitamente al Comune di Santa Teresa di Riva affinchè provvedesse alla demolizione oppure alla messa in sicurezza. Quando tutto sembrava pronto, il parroco, don Carmelo Mantarro, si rifiutò di firmare l’atto di donazione. Ci fu una polemica feroce, alla fine il parroco ci scrisse una lettera per “fare chiarezza nella vicenda attorno alla quale sono state dette tante parole “in libertà”. “La donazione era subordinata alla trasformazione dell’immobile in struttura fruibile e funzionale entro tempi certi; fornisse la struttura realizzata di strumenti adeguati per svolgere attività culturali e ricreative, manifestazioni religiose e momenti di condivisione; accettasse con pari potere decisionale la partecipazione della parrocchia nella gestione della struttura. Chiedevo questo, ma nel contratto che mi è stato proposto per la sottoscrizione questo non c’era, anzi mi si prospettava una clausola, per me inaccettabile, con la quale il donatario si impegnava a demolire l’edificio pericolante e successivamente ad eseguire i lavori necessari e realizzare eventuali strutture funzionali a svolgere attività culturali, ricreative e manifestazioni religiose”. “Facevo notare – prosegue il parroco – che “eventuale” e “successivamente” facevano pensare a qualcosa di incerto, per cui chiedevo che si indicasse una scadenza certa per il compimento dei lavori, per esempio quindici anni”. Mentre si discuteva di clausole e cavilli, si è tenne un consiglio comunale a Misserio (il primo nei 150 anni di storia del nostro comune) al termine del quale veniva suggerita all’amministrazione la strada del recupero dell’immobile. Il sindaco Alberto Morabito obiettava che senza donazione il comune non avrebbe potuto investire un centesimo e che le clausole proposte dal parroco erano inaccettabili da una amministrazione pubblica. Tutto è fermo a quel consiglio, un fermo immagine che sembra, però, non avere fermato la caduta di calcinacci e la situazione di pericolo di nuovi crolli di un edificio che è stato ufficialmente dichiarato pericolante.