Alì Terme. Mudir è un appellativo che gli arabi riservano alle persone che hanno un ruolo di comando, non necessariamente materiale, ma anche morale, di guida spirituale, consigliere, una persona a cui bisogna rivolgersi con rispetto. E Alfonso Calabrese, inviato dalla sua ditta, all’età di 34 anni, in Libia ai confini col Ciad, tante volte udì bussare alla porta del suo ufficio, sentendosi chiamare Mudir da migranti che chiedevano un posto di lavoro. Il Calabrese, pertanto, già più di 30 anni fa, quando ancora erano da venire i clamori dei barconi a Lampedusa, viveva quotidianamente sulla sua pelle, il problema di quanti abbandonavano quel poco che avevano e si dirigevano verso nord in cerca di fortuna. Questo e tanto altro nel libro che il dott. Alfonso Calabrese, classe 1948, una laurea in Scienze Politiche e con un passato da giornalista, ha presentato nella serata del 3 Agosto ai bordi della piscina dell’Hotel Acqua Grazia in Alì Terme davanti a un ragguardevole numero di intervenuti. Il libro è suddiviso in sei sezioni: l’infanzia – l’adolescenza – il militare – i primi anni di lavoro – le due svolte e gli anni d’oro, un excursus lungo 37 anni, dalla sua nascita al dicembre 1985, ove si arresta il racconto di ciò che avrà un seguito (il secondo volume riguarderà gli anni dal 1986 al 2003, anno in cui il Calabrese si troverà a combattere contro un’improvvisa malattia da cui si riabiliterà completamente soltanto dopo quattro anni). La vita dell’autore naturalmente si dipana non solo negli ambienti familiari di Alì Terme e successivamente di Messina ma anche nel mondo universitario, del lavoro, in Italia e all’estero e ci fornisce anche uno spaccato della vita sociale, di come si è evoluta ( o involuta), di certi degradi ambientali e morali, alle lotte studentesche, gli scioperi, gli anni di piombo, le instabilità di governo, le difficoltà delle intense giornate di lavoro nelle ditte private che spesso lo portavano fuori di casa oltre dodici ore consecutive con grave nocumento per un regolare menage familiare. Si, perché il libro nasce dall’esigenza di comunicare con la figlia Giuliana, con la quale dopo la separazione avvenuta dalla moglie ha avuto difficoltà nel relazionarsi. Alfonso Calabrese vuole esporre alla figlia tutto quanto non le ha potuto (finora) raccontare di persona e di tutti i sacrifici e le peripezie che ha dovuto affrontare, non fosse altro per le località estere dove ha prestato servizio con la sua ditta di telecomunicazioni (Libia, sultanato dell’Oman, Jugoslavia, Egitto, Arabia Saudita etc…). La presentazione del volume è stata preceduta da una relazione dell’aliese Pippo Lombardo, insegnante di lettere al Liceo Classico Dante Alighieri di Enna, che ha sezionato il libro fornendone le linee guida per una corretta lettura, partendo dall’aspetto memorialistico, poi da quello cronachistico e infine da quello diaristico, soffermandosi sul linguaggio schietto e diretto a tutti comprensibile ed evidenziando come aspetti crudi a tratti scandalosi non sono altro che lo specchio di certe realtà posposte nell’elaborato. Il libro è edito dalla Paolo Emilio Persiani.